Le crisi finanziarie memorabili sembra intervengano a solcare lo scenario internazionale ciclicamente. Ogni quarantennio o giù di lì, in effetti, i mercati subiscono, per ragioni diverse, scossoni dirompenti che lasciano impronte indelebili nella storia economica e politica mondiale: dal crollo di Wall Street del 1929, alla crisi del 1973, shock provocato dalla guerra del kippur e dall'embargo petrolifero ad essa conseguente decretato dall'Opec, fino allo squilibrio inenarrabile dei nostri giorni. Il periodo della ""Grande Contrazione"" attuale, avviatasi già dal 2008, sembra aver raggiunto il suo momento apicale e stia seriamente compromettendo tutte le economie occidentali, in particolare l'eurozona. La divergenza, però, con i fallimenti del secolo scorso è rilevante. La crisi odierna assume dimensioni ancor più allarmanti poiché l'Occidente non rappresenta più il ""focal point"" del potere globale ma sta subendo un forte ridimensionamento causato dalla spasmodica crescita dei paesi asiatici e delle emergenti economie che costituiscono i nuovi orizzonti di sviluppo. Si tratta in particolare delle potenze che si denominano attraverso l'acronimo BRIC, ovvero Brasile, Russia, India e Cina. Questa posizione di svantaggio dell'Occidente rende ancor più difficile il superamento della recessione in corso. L'asse del potere globale che si sta spostando dall'Atlantico al Pacifico vede l'Oriente rampante percorrere inarrestabile la sua ""escalation"", senza dimenticare, comunque, i risvolti ecosostenibili dello sviluppo. Sono i Paesi emergenti, infatti, che si stanno distinguendo nella attenzione alla mitigazione degli impatti ambientali, sebbene siano chiamati fuori dagli obblighi previsti dal Protocollo di Kyoto. In Cina nel 2015 circoleranno un milione di auto elettriche ed è proprio qui che più si sta investendo in energie rinnovabili. La crisi economica globale è ancor più preoccupante poiché a essa si affianca una crisi ambientale senza precedenti, che vede oggi l'intensificarsi di eventi estremi, causati dagli inarrestabili cambiamenti climatici. Serve allora stabilire nuove regole e target coincidenti per le economie globali, al fine di riequilibrare i dissesti geopolitici in corso e al contempo liberare energie positive per la crescita. Il must ineludibile per un futuro più sostenibile è rappresentato dalla giusta coniugazione dei due driver della crescita economica globale, ovvero l'efficienza energetica e l'incremento della diffusione di energie rinnovabili. In Germania, faro europeo per lo sviluppo sostenibile, sono 380.000 i posti di lavoro riabilitati attraverso l'implementazione delle rinnovabili. Nel resto d'Europa tale traguardo deve assolutamente costituire esempio da seguire e da incoraggiare attraverso politiche unitarie di promozione della economia verde. La Green economy rappresenta la exit strategy per superare la crisi contingente. Le politiche internazionali e anche quelle messe in campo dall'Eurozona devono essere convergenti e miranti a obiettivi univoci. Dalla recente Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici di Durban, in Sudafrica, si è giunti alla individuazione di una road map per difendere la stabilità del clima. Il piano, che impegnerà tutti i Paesi presenti al summit, inclusi Usa e Cina, sarà definito entro il 2015. ""Una speranza concreta per la stabilità del clima e per la nostra economia - ha dichiarato il neo ministro dell'ambiente italiano Corrado Clini - si apre una piattaforma di intese sulle tecnologie pulite con i paesi di nuova industrializzazione"". E Intanto, contestualmente, a Bruxelles il Consiglio europeo sancisce un accordo sui vincoli di bilancio che dà nuova fiducia ai mercati e fa volare le borse.