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Sardegna filiera corta, dai campi alla tavola
La storia dell’associazione consumatori raccontata dal presidente Roberto Carboni
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01/08/2012

Il consumo di prodotti di origine locale sta vivendo un periodo di grande espansione, e non a caso: la promozione dei prodotti "a chilometro zero", la cui attenzione primaria è focalizzata sulla filiera di provenienza dei prodotti, ha risvolti positivi sotto numerosi punti di vista. Infatti, la anche definita "filiera corta" consente ai consumatori di acquistare generi alimentari direttamente dai produttori rispondendo all'esigenza di dar vita a nuove forme di scambio, incontro, cooperazione. Molti i vantaggi per chi acquista con questo metodo: dalla riduzione dei passaggi del sistema di distribuzione tradizionale quali confezionamento, imballaggio e trasporto (procedure che comportano inquinamento e sovrapprezzo: vantaggi che, in tempi come questi, non sono da sottovalutare!), all'opportunità di un confronto diretto con il produttore che riesce a vendere prodotti unici, infine il legame con il territorio, il rispetto dell'ambiente, la sicurezza che il prodotto arrivi sulle tavole direttamente dai campi.
A testimonianza di quanto e perché il suddetto sistema di commercio si stia così diffondendo, abbiamo intervistato Roberto Carboni, presidente dell'associazione Sardegnafilieracorta. Quando e da quale idea nasce l'associazione? 
Nel 2006 nasce l'idea di studiare un sistema regionale, alternativo a quelli esistenti, in grado di individuare piccole e medie realtà produttive locali del settore agroalimentare e creare, al tempo stesso, una rete di consumatori associati per distribuire loro i prodotti dei primi. Tre anni di elaborazione e dal 2009 l'operatività.
Qual è la mission? 
Bilanciare gli interessi di produttori e consumatori locali, sostenendo l'attività dei primi attraverso acquisti diretti e consapevoli. Informare e cercare di stimolare un nuovo modo di agire, rivolto ai prodotti locali e di stagione, promuovendo il consumo di cibo locale di qualità intelligente, che vada al di là di foggia o pezzatura per quanto riguarda la frutta e la verdura locale. Ci interessa anche la carne, il pesce, i latticini, olio, formaggi, pane, riso. 
Chi fa parte dell'associazione e quanti soci avete attualmente? 
La struttura è costituita da persone comuni, single, coppie, famiglie in numero sempre crescente. Considerate le famiglie, i consumatori del cibo da filiera corta sono alcune migliaia.
Avete incontrato ostacoli, resistenze nel promuovere e attivare le vostre iniziative, dal momento che allontanate i consumatori dai consolidati circuiti di spesa tradizionali? 
Abbiamo fatto da soli, con determinazione e tenacia, incontrando difficoltà, ma senza grandi ostacoli. Riusciamo a coniugare il tutto anche attraverso l'economicità. Alla base c'è la fornitura settimanale di una cassetta assortita di verdura e frutta locale e di stagione, del peso di 9 kg, che costa 9 euro. Laddove ci sono gruppi di associati a Sardegnafilieracorta la fornitura arriva in meno di 24 ore. A volte direttamente a domicilio o sul posto di lavoro. È chiaro che l'iniziativa non è per tutti. Per quanto riguarda verdura e frutta, ci nutriamo con "l'imposizione" della stagionalità e questo, per taluni, è un limite. Tuttavia, se si riesce a superare l'abitudine, si può godere di un magnifico miglioramento, in ogni senso.
Dagli inizi di questo progetto a oggi, che impatto avete avuto e qual è stata la risposta dei consumatori rispetto alle attività? 
La risposta è stata buona. L'esperienza ci ha portato ad avere una visione sempre più ampia di un settore in sofferenza per molti motivi: primo fra tutti la concorrenza "trans regionale" e più ancora estera. Cercare di aumentare i consumi di prodotto locale e di stagione (cioè, mangiamo il pomodoro solo d'estate), non è facile. Significa scardinare il concetto del "tutto sempre" che è, invece, il punto di forza della grande distribuzione, sempre pronta a proporre uva a dicembre e angurie a gennaio. I prodotti di stagione hanno un loro perché, che parte dalle caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed economiche. Gli associati hanno spesso avuto modo di assaggiare prodotti che prima non conoscevano (alcuni non avrebbero mai acquistato il pan di zucchero o il cavolo rapa, ma trovandoli nella cassetta settimanale…)
Quali sono i punti di forza dell'iniziativa? 
Conoscere personalmente i produttori, vedere le loro realizzazioni, ritrovare sapori sconosciuti o scomparsi dà soddisfazione. Lavorare per sviluppare e migliorare i consumi interni è, credo, un punto di forza così come il risparmio per le famiglie. L'acquisto di cibo locale ci mantiene in contatto con le stagioni e ci fa nutrire con cibi che sono al massimo del loro gusto, quando sono più abbondanti e meno costosi. I prodotti coltivati localmente sono più freschi di quelli importati poiché, in genere, quelli acquistati nei supermercati hanno stazionato in reparti refrigerati per giorni o settimane. La freschezza non riguarda solo il gusto del nostro cibo, ma il valore nutrizionale, che diminuisce con il passare del tempo. Avete riscontrato criticità nel portare avanti il sistema? 
Le criticità fanno parte di tutti i sistemi. La scelta della snellezza, della sobrietà e delle sinergie in campo, aiuta a diminuirle. Per questo ci sono delle regole, per ciascuno.
Quali sono i vostri punti di debolezza? 
Uno per tutti: le distanze che si allungano per la situazione delle strade locali. A volte non si riesce a far partire un gruppo per la distanza che intercorre tra una delle nostre piattaforme (dove si concentrano i conferimenti di prodotto e dove vengono composte le cassette) e i luoghi nei quali recapitare: vorremmo essere più presenti e capillari.
Prossime iniziative? Progetti? 
Tantissimi, dalla spinta verso il biologico all'attività di promozione nelle scuole, alle mense, alla ristorazione, alle manifestazioni, alla collaborazione con nutrizionisti visto che, principalmente, ci occupiamo di cibo, locale, di stagione e di qualità.

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