Dal secondo dopoguerra in poi la produzione, la distribuzione e il consumo stesso di prodotti si è modificato più che in ogni altra fase storica. I vantaggi dell'applicazione del principio del processo industriale a qualsiasi tipo di produzione ha avuto l'indubbio vantaggio di creare beni di consumo a basso costo, accessibili alle nuove classi sociali ma, nel tempo, ha prodotto distorsioni in termini qualitativi ed etici, soprattutto in ambito alimentare. Negli anni si è imposto un movimento di pensiero volto a recuperare un rapporto più "personale" tra produttore e consumatore, di cui la filiera corta è la declinazione pratica.
Quella che nei paesi anglofoni è chiamata short supply chain svolge un ruolo importante non solo per gli agricoltori ma anche per le regioni d'origine, apre nuove opportunità per lo sviluppo e la conservazione di aree rurali economicamente svantaggiate e per la coltivazione di piante e ortaggi particolari non gradite alla vendita standardizzata delle grandi superfici. I dati disponibili dimostrano che già oggi, nonostante l'assenza di riconoscimento legislativo e di sostegno sia a livello nazionale che comunitario, il 15% delle aziende agricole dell'UE smerciano a livello locale più della metà della loro produzione.
Secondo un sondaggio dell'eurobarometro un consumatore europeo su due si lamenta della difficoltà di trovare prodotti locali. È certo, quindi, che la domanda esiste, ma d'altro lato non è sufficientemente strutturata, né sufficientemente identificata, né sufficientemente accessibile.
Il commissario all'agricoltura Dacian Ciolos, in una conferenza tenuta lo scorso aprile sul tema, ha reso noto uno studio su 26 aziende agricole dedite alla vendita diretta nella zona intorno a Parigi. Le 26 aziende generano da sole 170 posti di lavoro permanenti e 200 stagionali, cioè molto di più delle aziende agricole classiche. Questi sono solo alcuni dei risultati raggiunti con il progetto Salt (sistema alimentare territoriale) avviato nel 2009 dal Ministro dell'agricoltura francese, un piano governativo per il sostegno alla filiera corta. Attualmente gli agricoltori francesi che lavorano tramite la filiera corta rappresentano il 26% dell' UTA (unité de travail agricole) costituendo, quindi, una parte importante dell'impiego agricolo. La Grecia detiene probabilmente il record in fatto di filiere corte. La crisi ha certamente rafforzato questo fenomeno avantaggio sia degli agricoltori che dei consumatori. Le difficoltà economiche hanno dato vita a un circuito di vendite dirette di patate a prezzi molto competitivi, del 60% meno cari dei circuiti classici. Il Regno Unito è stato di sicuro lo Stato europeo precursore in materia.
Nel 1997 è stato creato il primo mercato di prodotti agricoli, oggi se ne organizzano più di 7 500 all'anno, con un fatturato a 6 zeri. Questi dati dimostrano che le filiere corte sono un aspetto della diversità agricola di cui finora non si è tenuto conto a sufficienza. "Ogni volta che incontro un agricoltore che ha sperimentato la vendita diretta o la filiera corta" ha dichiarato il Commissario Ciolos "il messaggio che mi viene dato è sempre lo stesso: anche se rappresenta una percentuale minima della sua cifra d'affari, quest'attività contribuisce in misura decisiva alla redditività dell'azienda e spesso alla sua sopravvivenza. La catena corta è pero anche una sfida per gli agricoltori, i quali devono tornare ad imparare un mestiere: quello del commercio. Un certo stile di politica agricola, che si facev a completamente carico dell'aspetto commerciale, ha fatto loro dimenticare questa dimensione del mestiere dell'agricoltore".
Questo significa acquisire competenze nuove e fare anche nuovi investimenti. Perché per molti prodotti la vendita locale o le filiere corte implicano locali adeguati e un'attività di trasformazione dei prodotti all'interno dell'azienda agricola. Per incoraggiare gli agricoltori a percorre questa strada la Commissione individuare e dare credibilità e maggiore visibilità alle filiere locali, garantire un'igiene e una sicurezza sanitaria ineccepibili, mettere in comunicazione i grandi bacini urbani con i gruppi di produzione locali circostanti, incoraggiare gli agricoltori a fare investimenti, anche grazie agli strumenti finanziari della Pac, per rafforzare l'imprenditorialità nelle zone ruralizzazione europea ha proposto alcune misure nel quadro della riforma della Pac, tra le più importanti: sviluppare un criterio per in I vantaggi riguarderanno: i consumatori che tengono alla qualità, alla ricchezza dell'offerta di prodotti agricoli e alle tradizioni la salute economica del settore agricolo, le filiere corte, anche se non diventeranno la parte più cospicua delle vendite, contribuiranno a creare un indispensabile supplemento di valore aggiunto la salute ambientale, eliminando gli sprechi energetici connessi a inutili trasporti di merci e gli sprechi di prodotti alimentari che vanno persi nelle varie tappe della catena logistica.