La gestione dei rifiuti in Italia, in particolar modo in Campania, ha assunto negli ultimi anni un grado emergenziale anche grave, dovuto a una crescita costante del volume - legato all'aumento esponenziale della popolazione - e a una mala gestione, che ha avuto conseguenze drammatiche sul piano dell'inquinamento ambientale dell'aria, dell'acqua e del sottosuolo, senza dimenticare l'aspetto sanitario. Una percentuale importante di questi rifiuti è rappresentata da quelli organici, in altre parole dagli scarti di origine vegetale e animale, la cui caratteristica principale è la loro biodegradabilità che li rende idonei a essere riciclati quali compost o recuperati quali biomasse.
Purtroppo la maggior parte di questi rifiuti - anche se la situazione varia da Paese a Paese - piuttosto che essere recuperata finisce in discarica con conseguente aumento della produzione dei gas serra, degradamento della qualità del suolo e anche peggioramento del fenomeno dei mutamenti climatici. Ciò è dovuto al fatto che la materia è stata finora gestita da politiche assai differenti tra loro, non solo a livello nazionale, bensì anche comunitario, a causa di disposizioni legislative frammentarie che prevedono strumenti inadeguati al conseguimento di obiettivi orientati a un'efficace gestione dei rifiuti organici e che non sono state ricondotte a unità, nonostante con la Risoluzione del Parlamento Europeo del 6.7.2010 sul Libro Verde della Commissione sulla gestione dei rifiuti organici dell'Unione Europea, sia espressamente prevista l'emanazione di una c.d. Direttiva biowaste, (la cui emanazione era prevista entro l'anno 2010) con cui disciplinare la raccolta, il trattamento, il riciclaggio, la produzione e il trasporto dei rifiuti biodegradabili di origine urbana e non.
Questa direttiva dovrà definire i molti aspetti tecnici e normativi che attengono agli impianti di trattamento biologico dei rifiuti, ovvero agli impianti di recupero di materia tramite compostaggio, recupero di energia tramite la digestione anaerobica (o biometanazione) e tutto ciò che riguarda i trattamenti meccanico-biologici. Chiaramente, affinché una corretta gestione dei rifiuti sia efficace, occorre che tale legislazione sia concretamente applicata in modo uniforme in tutti gli Stati membri. In parte tali obiettivi sono già previsti nella Direttiva quadro rifiuti2008/98/CE, recepita con il DLgs 205/2010, che ha apportato modifiche al Codice dell'Ambiente, e che mira principalmente alla prevenzione e riduzione dei rifiuti.
Nello specifico, i rifiuti organici sono disciplinati all'art. 182 ter, ai sensi del quale si impone la raccolta differenziata dell'umido, rispetto al secco, in appositi sacchetti compostabili, che devono avere ottenuto la certificazione UNI EN 13432-2002 si dà, inoltre, incarico alle amministrazioni, ciascuna nell'ambito delle proprie competenze, di adottare misure attinenti la raccolta differenziata, un trattamento degli organici che realizzi un elevato livello di protezione ambientale, l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti da rifiuti organici, al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente.
Indubbiamente troppo poco rispetto agli obiettivi che si pone la Risoluzione sul Libro Verde tant'è vero che il 13 gennaio scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto legge che definisce alcune misure d'urgenza per affrontare le criticità del sistema di recupero e smaltimento rifiuti nella Regione Campania. Intanto un grosso aiuto potrebbe venire da un progetto nato lo scorso anno, definito Progetto N.o.w.a.s.t.e. (New organic waste sustainable treatment engine, ovvero Nuovo dispositivo per il trattamento sostenibile dei rifiuti organici), realizzato grazie al programma Europeo Life+, dall' Irssat - Istituto di ricerca, sviluppo e sperimentazione sull'ambiente e il territorio - di Catania.
Si tratta di un sistema di gestione del rifiuto organico, utilizzato a casa attraverso l'ausilio di un piccolo robot, che consente la triturazione e un pre-compostaggio evitando il conferimento in discarica dello stesso.
Al termine del ciclo, il pre-compost così ottenuto può essere ceduto alle aziende di compostaggio affinché lo rendano idoneo a fini agricoli. Chiari i benefici di un tale sistema: dall'aumento della raccolta differenziata, alla riduzione della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, a un miglioramento delle condizioni di salute e di igiene dei comuni coinvolti, a una riduzione dei gas serra. Senza dimenticare la creazione di nuove opportunità di lavoro.