Industrializzazione è quel processo di cambiamento e mutamento di una società, attraverso il quale la stessa viene trasformata profondamente nelle sue strutture e nei suoi modelli di organizzazione sociale. Di conseguenza, detta trasformazione produce e comporta un miglioramento della qualità della vita e della collettività, inteso come aumento del benessere, delle comodità, dei servizi, della mobilità, della sicurezza eccetera. Tuttavia, l'industrializzazione, acclamata quale fonte di reddito e di sviluppo del territorio, è stata, soprattutto per quel che concerne il settore della chimica, anche causa di gravi episodi di inquinamento ambientale, sfociati altresì in eventi tragici per la salute della popolazione. A seguito di detti eventi, la Comunità europea ha emanato una serie di provvedimenti al fine di meglio e più incisivamente regolamentare l'attività industriale. Il primo di tali provvedimenti comunitari fu adottato nel 1982: si tratta della Direttiva 82/501/CEE, nota come Dir. Seveso, in quanto legata ad un tragico episodio che accadde allo stabilimento ICMESA di Seveso, appunto, dal quale si sprigionò diossina, e che ebbe gravissime conseguenze per la salute dei cittadini e per l'ecosistema.
La direttiva ha a oggetto la prevenzione di rischi industriali legati ad attività c.d. a rischio di incidente rilevante, ovvero quelle in cui si lavorano sostanze pericolose. Recepita in Italia con D.P.R. 175/1988, la normativa si è evoluta nel tempo: nell'ultimo aggiornamento la Direttiva 2012/18/UE - detta Seveso III - modifica la parte riguardante le aziende che trattano materiali chimici, introducendo significative novità quali, ad esempio, la classificazione di sostanze e miscele allineata al Regolamento CE n. 1272/2008 - relativo alla classificazione, etichettatura ed imballaggio - e l'introduzione dell'obbligo di valutare tra i possibili scenari incidentali anche quelli derivanti da eventi naturali, quali ad esempio terremoti od inondazioni. Negli ultimi anni è andato diffondendosi, tuttavia, un nuovo ordine di priorità con riferimento alle modalità con cui si fa innovazione scientifica e tecnologica. Detto sistema si fonda su principi generali rivolti, non alla regolamentazione, come sinora è accaduto, ma alla completa eliminazione dell'uso di procedure e di sostanze pericolose, attraverso uno sviluppo sostenibile che impone alla "chimica" di giocare un ruolo primario nella riconversione di vecchie tecnologie in nuovi processi puliti e nella progettazione di nuovi prodotti e nuovi processi eco-compatibili. Si cerca, in sostanza, di dare nuova linfa a quei territori invasi da grandi poli industriali, attraverso una riconversione ecologica che passi per la via della c.d. chimica verde o chimica sostenibile: nuova filosofia di chimica che si propone di sostituire l'esistente per prevenire eventuali problemi futuri.
Sotto il profilo legislativo un primo passo lo si è fatto con il Decreto Legge 2/2012 convertito con la legge n. 28/2012, che predispone Misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale il cui articolo 2 detta Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente. La norma definisce nel dettaglio le caratteristiche della biodegradabilità del sacchetto e stabilisce che si potranno produrre e commercializzare solo sacchetti compostabili che rispettino la norma UNI EN 13432:2002, nonché quelli che siano stati realizzati con altri polimeri (materiali non compostabili) che rispondano contemporaneamente ad altri requisiti che qualificano un sacco come riutilizzabile e quindi da preferire rispetto ai sacchi monouso, con pesanti sanzioni per chi non rispetterà il bando. Tra le novità introdotte dal decreto, l'informazione diretta al consumatore che dovrà essere a conoscenza dell'idoneità o meno degli shopper attraverso una dicitura, riportata sia nei monouso che nei riutilizzabili.
La norma stabiliva altresì una proroga al 31 dicembre 2012 dell'utilizzo di sacchetti non conformi alla norma Uni 13432:2002 tuttavia il 19 marzo scorso i ministri dell'Ambiente Corrado Clini e dello Sviluppo economico Corrado Passera, hanno firmato il decreto interministeriale che fornisce strumenti tecnici per rendere esecutivo il divieto di commercializzazione di sacchi monouso non biodegradabili e per chiarire le tipologie di sacchi dei quali è consentita la commercializzazione, in attuazione del comma 2 dell'art. 2 del decreto legge n.2/2012.
Il bioshopper è dunque una realtà. La norma rappresenta una svolta per la lotta ai sacchetti di plastica e contro lo smaltimento dei rifiuti in discarica inoltre come affermato dal ministro Clini incentiva la chimica verde e mette l'Italia in linea con l'Ue, dando un segnale concreto alle sollecitazioni venute recentemente dalla Commissione sia con l'avvio della consultazione pubblica su come ridurre l'inquinamento generato dalla plastica sia dalla presentazione del "Libro verde" per la promozione dei riciclo dei rifiuti plastici. Un commento a parte merita un altro progetto che prevede la riconversione del Petrolchimico di Porto Torres - in Sardegna - nel più grande polo d'Europa per la chimica verde. Si tratta del Progetto Matrica che rientra nel protocollo d'intesa Stato - Regione - gruppo Eni - gruppoNovamont sulla cosiddetta "Chimica Verde" stipulato il 26 maggio 2011, e che prevede la realizzazione di un nuovo stabilimento per la produzione di derivati di oli vegetali naturali non modificati. Obiettivo del progetto, condiviso tra istituzioni e imprese, è la realizzazione di condizioni ottimali per promuovere un'idonea sinergia tra azioni a tutela dell'ambiente, trasformazione produttiva dell'industria chimica e sviluppo dell'agricoltura. L'intento è quello di dare attuazione ad un innovativo progetto che dia vita ad un importante polo per la realizzazione di prodotti chimici eco-compatibili - monomeri bio, bio plastiche, lubrificanti bio - attraverso l'utilizzo dei più elevati standard internazionali.