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Se l'acqua in bottiglia diventa ecologica
Intervista a Alberto Bertone, presidente e A.d. di Fonti di Vinadio Spa
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25/05/2013

L'acqua in bottiglia è uno dei prodotti più criticati per il suo impatto ambientale: imballaggio prodotto con polimeri derivato dal petrolio, alta produzione di rifiuti, lunghe distanze percorse per arrivare sugli scaffali dei supermercati. La società Fonti di Vinadio Spa, che imbottiglia l'acqua Sant'Anna, è intervenuta su tutti questi fronti, cercando di ridurre l'impronta ecologica della propria attività, dalla sorgente fino allo smaltimento degli imballaggi. Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato dell'azienda, racconta il suo approccio alla sostenibilità a 360 gradi.

Dottor Bertone, l'acqua Sant'Anna viene imbottigliata a Vinadio, in provincia di Cuneo. Come si concilia la necessità di portare il prodotto a centinaia di chilometri dalla sorgente con l'attenzione all'ambiente?
Fin dall'inizio abbiamo cercato di minimizzare il trasporto su gomma. Oggi lo utilizziamo solo per le brevi distanze, sulle quali continua a essere ancora conveniente e migliore dal punto di vista logistico. Ma per distribuire l'acqua nel centro e sud Italia usiamo le rotaie: l'autotreno porta l'acqua fino alla stazione di Cuneo, da dove ogni giorno partono interi convogli ferroviari carichi della nostra acqua. Per ottimizzare lo spazio, abbiamo anche introdotto la bottiglia quadrata, che ha un ingombro inferiore del 25% rispetto a quella rotonda.
Sant'Anna è l'unica acqua in Italia a essere commercializzata anche in una bottiglia biodegradabile. Come è nata l'idea della "biobottle"?
Abbiamo iniziato a studiarla dieci anni fa. Non è stato facile ottenere una bioplastica trasparente e così resistente. La lavorazione del vetro e della plastica emette molta CO2, cercavamo un materiale più sostenibile in fase di produzione e smaltimento. La biobottle è biodegradabile e compostabile: il corpo della bottiglia si biodegrada in 15-30 giorni, il collo, che è più spesso, entro 80 giorni. Oggi la Sant'Anna bio è la decima acqua in Italia, nell'ultimo anno ne abbiamo vendute 100mila bottiglie. Per noi è un ottimo risultato, ma se ci fossero più sensibilità da parte dei consumatori e più disponibilità ad esporla nella grande distribuzione, potremmo aumentare di molto i volumi di vendita. Purtroppo, invece, trattandosi di numeri ancora piccoli, nei supermercati c'è sempre difficoltà a posizionarla sugli scaffali.
L'involucro esterno che tiene insieme la confezione da sei bottiglie è ancora in plastica. State pensando anche in questo caso a soluzioni più sostenibili?
Sì. Stiamo studiando una pellicola biodegradabile e, in alternativa, un filo anch'esso biodegradabile che unisca le bottiglie disposte a incastro. Li abbiamo già testati, ma prima di lanciarli dobbiamo migliorarne le caratteristiche meccaniche. Il vostro stabilimento si trova in montagna, a 1.000 metri di altitudine. Come è stato costruito e come si inserisce nell'ambiente circostante? È un unico capannone in legno, con molti accorgimenti per ottimizzare i consumi energetici. Per esempio, recuperiamo il calore prodotto dai macchinari per riscaldare gli ambienti e abbiamo finestre molto grandi per sfruttare il più possibile la luce naturale. Stiamo progettando anche una piantumazione di alberi intorno al nostro edificio, per ridurne al minimo anche l'impatto visivo.
E nei processi industriali come si esprime la vostra attenzione alla sostenibilità?
Il nostro stabilimento è alimentato al 100 per cento da energia idroelettrica prodotta da due centrali Enel, una a monte e una a valle. Le confezioni di acqua vengono movimentate da carrelli elettrici, con batterie che vengono ricaricate a energia idroelettrica, e non a scoppio, come avviene nella maggior parte dei capannoni. Si tratta di mezzi intelligenti, in grado di funzionare autonomamente senza che ci sia nessuno a bordo. Inoltre, recuperiamo l'aria di soffiaggio utilizzata per ottenere la bottiglia, in modo che serva una minore potenza per riportarla alla pressione necessaria. Per raffreddare o riscaldare l'acqua, usiamo scambiatori che ci permettono di risparmiare energia. Per far scorrere le bottiglie sui nastri trasportatori - ne produciamo 50mila all'ora e tutto deve incastrarsi perfettamente - non usiamo più saponi o altre sostanze chimiche, che ponevano problemi in fase di smaltimento: li abbiamo sostituiti con l'acqua stessa o con dei tappetini. Incidiamo la data di scadenza sulle bottiglie a laser, per evitare di usare inchiostri chimici. Stiamo pensando anche di utilizzare automezzi meno impattanti e di mettere a punto imballaggi più sostenibili, utilizzando anche meno cartoni.
Sempre più imprese, nell'ambito del loro impegno di Corporate social responsibility, sono attive anche nella formazione del personale. Avete iniziative in questo senso?
Organizziamo continuamente corsi per i nostri dipendenti, 100 diretti più 350 indiretti, per sensibilizzarli a un uso sostenibile delle risorse naturali. Cerchiamo di far loro capire che lasciare accesa la luce non è un male che si fa all'azienda, ma all'ambiente e alla collettività. Lo stesso vale per la raccolta differenziata. E pensiamo che, quando una persona viene sensibilizzata sul posto del lavoro, adotterà comportamenti più rispettosi dell'ambiente anche a casa e nella vita domestica. Torniamo alla biobottiglia: che accoglienza ha avuto sul mercato? Nelle regioni dove c'è una maggiore attenzione al verde e all'ambiente, come Umbria, Toscana ed Emilia Romagna, vendiamo di più anche la Sant'Anna biobottle. In generale, la sensibilità verso prodotti a minor impatto ambientale lentamente sta crescendo. Penso però che se ci fosse una maggiore attenzione alla sostenibilità da parte dei consumatori, anche gli imprenditori investirebbero di più in questo settore. Certe volte le aziende vorrebbero farlo, ma poi pensano: se a nessuno importa dell'impatto ambientale dei miei prodotti, che senso ha?
Come pensa che si potrebbero invece spingere le imprese a investire in questo tipo di prodotti, accompagnando business a benefici ambientali per la collettività?
Per esempio attraverso una riduzione degli oneri. Se sulla bottiglia in Pet l'iva è al 21%, dovrebbe essere più bassa per tutti i prodotti biologici e ecosostenibili. Questo favorirebbe produzioni a minor impatto ambientale: il mancato introito per lo stato sarebbe ridotto, ma nel frattempo si otterrebbe una grossa riduzione delle emissioni inquinanti.

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