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Sebastião Salgado genesi della natura
Il celebre fotografo documentarista brasiliano inaugura la mostra personale a Roma e lancia un messaggio ambientalista
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25/05/2013

Sebastião Salgado ha sempre viaggiato molto. Nato nel 1944 ad Aimores, nello stato del Minas Gerais, sbarca in Europa alla fine degli anni sessanta dove ha inizio la sua carriera fotografica. Dopo aver lavorato per agenzie di foto di fama mondiale come la Magnum, la Gamma e la Sygma, fonda in Brasile la sua agenzia, la Amazonas Images. Salgado nella sua lunga carriera da fotografo ha sempre privilegiato i volti. Tra i suoi lavori di maggior rilievo si è occupato di fotografare gli indios e i contadini dell'America Latina e la carestia in Africa negli anni ottanta. Con il suo ultimo lavoro, Genesi, un progetto iniziato nel 2003, sconvolge le sue abitudini e da vita a molto più di una mera mostra fotografica che rappresenta la natura nel mondo.
Presentata a Roma alla stampa italiana già nel mese di marzo dallo stesso Salgado e sua moglie, Lélia Deluiz Wanick, questa mostra, che si apre il 15 maggio all'Ara Pacis di Roma, dove rimarrà esposta per ben quattro mesi, racchiude un messaggio ambientalista forte e volto a colpire le coscienze di tutti noi. L'intervento del fotografo si è aperto lodando proprio l'Italia. "Per noi è un grande piacere essere qui, perché l'Italia stessa è un paese molto importante per noi. Quando in Brasile abbiamo avviato un grande progetto di recupero ambientale, da cui nasce il progetto Genesi, abbiamo avuto bisogno di risorse e tante le abbiamo trovate proprio in Italia".
Considerato oggi il fotografo documentarista più importante del nostro tempo, Salgado sorprende per il messaggio che questa mostra porta con sé. Genesi nasce da una sua esperienza personale che lo ha spinto a riflettere sull'importanza della salvaguardia delle bellezze naturali oggi ancora in vita. Con semplicità ha spiegato le origini di questo progetto. "Quando i miei genitori negli anni novanta hanno voluto dare a me e alle mie sette sorelle l'azienda agricola avvolta nella foresta tropicale dove siamo cresciuti, ci siamo trovati senza l'ecosistema di un tempo, intorno a noi solo terra bruciata. È stata mia moglie, che da sempre cura tutto di me, a chiedermi di ripristinare la foresta equatoriale che un tempo rivestiva questa superficie. Abbiamo quindi ideato questo progetto di recupero ambientale realizzando da subito che, per ripristinare un vero ecosistema come esisteva una volta, avremmo dovuto piantare almeno due milioni e mezzo di alberi di almeno 100 specie di fauna diverse. Oggi con due milioni di alberi piantati e 300 specie diverse, abbiamo ripristinato l'ecosistema. E poi è arrivata l'idea del reportage fotografico".
Ed è stato proprio questo ripristino del territorio di famiglia a far passare Salgado dallo scattare foto di denuncia al dedicarsi a immagini volte a cogliere i luoghi che oggi sono ancora ecologicamente puri e allo stato primordiale, quello della Genesi appunto. Otto anni di scatti nei luoghi più incontaminati del nostro pianeta per dimostrare al maggior numero di persone possibile che vi è oggi ancora una buona parte della Terra che è integra e per far capire l'importanza che tutti noi abbiamo nel preservarla. In conferenza stampa Salgado ha spiegato le fondamenta del sistema globale del sequestro del carbonio, il compito fondamentale che le foreste hanno nel generare ossigeno e sequestrare l'umidità del suolo per continuare ad alimentare il sistema idrico del mondo.
"In Genesi è stato fotografato ciò che tutti noi insieme dobbiamo proteggere. Io direi che il 45% o forse qualche cosa in più è ancora al tempo della Genesi, dei primordi. Insieme, dobbiamo cercare di salvarlo e anche di ricostruire quanto abbiamo distrutto, questo è l'unico modo che il genere umano ha di sopravvivere, altrimenti l'homo sapiens si ritroverà a fianco a fianco con le altre tante specie in via di estinzione".
La mostra è suddivisa in cinque sezioni che ricalcano le zone geografiche in cui Salgado ha realizzato le fotografie: Il Pianeta Sud, I Santuari della Natura, l'Africa, Il grande Nord, l'Amazzonia e il Pantanàl. Essa presenta una serie di grandiose fotografie di paesaggio realizzate con l'obiettivo di immortalare un mondo in cui natura, animali ed esseri viventi vivono ancora in equilibrio con l'ambiente. Un'altra parte del lavoro mette insieme le fotografie che ritraggono animali, impressi nell'obiettivo di Salgado attraverso un lungo lavoro d'immedesimazione con i loro habitat naturali. Il fotografo ha, infatti, vissuto nelle Galapagos tra tartarughe giganti, iguana e leoni marini. Ha viaggiato tra le zebre e gli altri animali selvatici che attraversano il Kenya e la Tanzania, rispondendo al richiamo annuale della natura alla migrazione. Oltre la mostra usciranno due libri, un tascabile a prezzo accessibile a tutti e un libro per collezionisti, nonché un film, realizzato dal figlio cineasta Juliano e il regista tedesco WimWender. Da questi otto anni Salgado ha imparato molto, che la specie umana non è l'unica dotata di razionalità, come siamo stati educati, ma che siamo solo animali fra tanti altri animali. Che le altre specie hanno anch'esse una ragione nella misura in cui questa significa una logica di vita. Alla domanda di una giornalista dell'Unità sul sembrare di aver avuto un approccio simile a quello degli antropologi dei tempi del Colonialismo, risponde di essersi avvicinato sempre solo con rispetto e curiosità e di aver imparato molto: "Quello che ho scoperto, è che tutto quello che oggi vi è di utile e d'interessante e di essenziale nel nostro mondo, vi era già in un tempo anche lontano. Nelle società cosiddette "primitive" esiste un'idea di solidarietà, un'idea di amore e un'idea di società, insieme alle medicine, agli antibiotici persino, gli anti-infiammatori, noi non abbiamo fatto altro che sistematizzare questi aspetti. Questa è stata la grande scoperta che ho fatto nel realizzare questo progetto".

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