“La strada verso Parigi inizia qui, a Lima. Tra soli dodici mesi noi tutti avremo la possibilità di adottare un trattato di importanza storica, con il quale sarà accelerata la transizione mondiale verso un futuro segnato da un clima a basse emissioni di carbonio.” – ha aperto così il suo discorso il Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, presente alla ventesima Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici (COP20) che si sta svolgendo in Peru’, a Lima dal 1 al 12 dicembre.
Quest’anno l’Italia ha un ruolo di primo piano: in qualita’ di Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, sara’ proprio Galletti a rappresentare l’Europea nei negoziati. Tre le priorita’ indicate dal Ministro: innanzitutto, a Lima occorre arrivare a un accordo su un testo negoziale da adottare nella successiva conferenza di Parigi del 2015, quando i Paesi si riuniranno di nuovo per stringere un trattato che sostituira’ il Protocollo di Kyoto e che andra’ a definire la riduzione delle emissioni di gas serra dal 2020 in poi.
In secondo luogo, c’e’ bisogno di chiarezza sulle informazioni che gli Stati dovranno fornire sugli impegni di riduzione delle emissioni. Tali impegni, chiamati Intended Nationally Determined Contribution (INDC), saranno forniti con un approccio bottom-up, ovvero come somma di singole offerte di riduzione delle emissioni di gas serra proposti dai Paesi: la trasparenza nella definizione degli impegni sara’ quindi cruciale per il successo del futuro trattato. Infine, secondo il Ministro, ultimo ma non meno importante obiettivo dei prossimi giorni sara’ quello di lavorare anche sugli impegni pre-2020.
Mentre la settimana scorsa a Lima si sono svolti gli incontri tecnici sul futuro accordo, ieri sono arrivati alla COP20 i rappresentanti governativi di tutti Stati, che hanno presentato le proprie posizioni nella sessione High-Level Segment. Oggi invece le negoziazioni entreranno nella fase finale, con molte domande a cui ancora aperte: in particolare, le posizioni sono ancora distanti sul carattere vincolante o volontario del nuovo trattato, con l’Europa che spinge nella prima direzione.
Altro elemento chiave sara’ la valutazione di quanto gli impegni di riduzione della CO2 e degli altri gas serra dei singoli Stati possano contribuire a contenere l’aumento medio delle temperature entro i +2 gradi centigradi: occorre chiudere il cosiddetto emission gap, ovvero la distanza, in termini di tonnellate di emissioni di gas serra, tra i tagli richiesti dalla scienza e le promesse della politica. Nel suo intervento di ieri anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon era tornato su questo tema, affermando di essere “molto preoccupato che le nostre azioni collettive non corrispondano alla responsabilità comune”.
Rimangono infine da definire le modalita’ di finanziamento e di accesso alla finanza climatica, tra cui il Green Climate Fund,e i dettagli sull’attuazione del meccanismo Loss & Damage: quest’ultimo e’ il nuovo strumento di compensazione per i Paesi vulnerabili che soffrono di conseguenze gravi e ormai non piu’evitabili dei cambiamenti climatici, come le piccole isole-stato del Pacifico gia’ destinate a scomparire. Intanto, pochi giorni fa il tifone Hagupit che si è abbattuto sulle Filippine ha tristemente ricordato ai delegati di Lima la priorita’ assoluta: far presto, perche’ i cambiamenti climatici non aspettano i tempi della politica.