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La green economy? Si addice alle donne
Responsabili del 65% delle scelte di acquisto hanno voce in capitolo sulla qualità della vita e del benessere
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25/06/2014

Sono responsabile del 65% delle scelte di acquisto delle famiglie, sono presenti per l‘80% nel comparto dell’istruzione. Scelte di vita e formazione sono nelle loro mani.

Si tratta delle donne, l’alta metà del cielo (in Italia pero sono in maggioranza) - protagoniste assolute nelle scelte di acquisto, nell’educazione e formazione in famiglia e fuori, lavoratrici e professioniste in grado di fare la differenza sul lavoro, e soprattutto sul lavoro green. Proprio “Donne e green economy. La social innovation per cambiare la città", è stato il tema del convegno, un evento nell’ambito delle iniziative “Verso gli Stati generali della green economy”, organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con Roma Capitale l’Assessorato all'ambiente, agroalimentare e rifiuti e Assessorato Roma produttiva.

La loro presenza, a maggior ragione in posizioni apicali – osserva Anna Pacille promotrice dell’incontro della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – fa funzionare meglio uffici e imprese. E’ dunque innanzitutto a loro che bisognerebbe rivolgersi per dare una spinta alla green economy e influenzare il mercato dei prodotti e servizi più sostenibili”. Ma se questo è vero, i numeri, in Italia, non danno ragione alle donne. Il Global Gender Gap Report 2012 del World Economic Forum, che analizza a livello internazionale il divario di genere, piazza l’Italia complessivamente all’80° posto. E siamo ultimi fra i 16 Paesi dell’Ocse per livello di coinvolgimento e responsabilità delle donne e di uguaglianza di genere nel settore ambientale secondo la prima edizione dell’Environment and Gender Index (EGI) dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) pubblicato nel 2013. Siamo in coda in Europa per numero di donne occupate: 49% contro una media comunitaria del 62,4%. E secondo il Rapporto Istat 2013, se per descrivere il 50 per cento dell’occupazione maschile occorrono 51 professioni, ne bastano 18 per dare conto di quella femminile. Questa si chiama segregazione di genere. “Il tema, a questo punto – dice Pacilli – è come trasformare gli svantaggi in opportunità per affrontare contemporaneamente le crisi (economica, sociale e ambientale), a beneficio di tutti, cambiando modelli di produzione, di consumo, stili di vita: e chi meglio delle donne può  interpretare questo nuovo corso green”.

Anche per il Presidente della Fondazione per lo sviluppo Sostenibile – uomo – Edo Ronchi, nella green economy c’è spazio per le donne “Le donne – dice – svolgono un ruolo determinante nella promozione della qualità della vita, nella qualità del benessere, nell’inclusione”.

Non a caso, quindi, si dice che quello femminile non è un problema delle donne ma dell’economia. E se la green economy fosse la risposta?

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