Ce lo chiede l’Unione Europea, ce lo chiede la sicurezza nazionale. L’Italia è ancora inadempiente per quanto riguarda il deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Secondo la Direttiva europea 2011/70/Euratom, recepita in Italia dal Decreto Legislativo n. 45 del 4 marzo 2014, ogni Stato membro, infatti, deve realizzare un deposito nazionale che sia in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi derivanti anche dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. Proprio per avviare questo percorso virtuoso l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca e Protezione Ambientale, ha pubblicato i criteri per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi in cui sono indicati i 15 requisiti e i 13 criteri di approfondimento che devono essere considerati per la realizzazione del deposito. Fra i requisiti c’è il divieto di costruzione in aree vulcaniche attive o quiescenti, in località che si trovano a 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa o che si trovano a distanza maggiore ma ad una altitudine inferiore a 20 metri sul livello del mare, nelle aree protette, nelle vicinanze di aree urbane o densamente popolate, nelle località a rischio di frane o alluvioni o vicino a sorgenti o acquedotti, a distanza inferiore di 1 km da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari. Secondo i dati aggiornati, sono oggi presenti in Italia circa 27.000 m3 di rifiuti radioattivi a bassa e media attività (prima e seconda categoria), dei quali circa 5.000 m3 sono di origine non energetica (provenienti da ospedali, industrie ecc...), e circa 1.700 m3 a più alta attività (terza categoria), in larga parte ancora da condizionare. A questi si aggiungeranno i rifiuti derivanti dallo smantellamento delle installazioni nucleari che sono stimabili in circa 30.000 m3, prevalentemente di bassa e media attività, i rifiuti condizionati, derivanti dalle operazioni di riprocessamento del combustibile irraggiato che rientreranno in Italia dalla Gran Bretagna (circa 20 m3 di rifiuti vetrificati di terza categoria) e dalla Francia (circa 50 m3 di terza categoria). Si deve tenere conto infine dei rifiuti a bassa e media attività di origine non energetica che vengono annualmente prodotti con un quantitativo stimabile in circa 200-300 m3.