La lotta ai cambiamenti climatici era stata la bandiera della prima campagna presidenziale di Obama, ma la forte opposizione dei repubblicani che temono che un piano anti-emissioni significhi più tasse e più burocrazia e un clima di scarsa sensibilità ai cambiamenti del clima da parte dell’opinione pubblica americana hanno reso la politica energetica del presidente Usa fino ad ora molto altalenante e confusa.
Ha sostenuto l’estrazione attravero il fracking (una tecnica ritenuta poco sostenibile per l’ambiente) dello shale gas, il gas di roccia e la produzione domestica di combustibili fossili e nello stesso tempo ha finanziato progetti per l’energia solare e ha lanciato un piano per l’installazione di impianti eolici e solari per 10 GW sui terreni pubblici entro il 2020.
Ma qualcosa sta cambiando e, secondo gli analisti, ci sono prove che Obama stia prendendo un atteggiamento più aggressivo per tentare di smuovere l’opinione pubblica e gli avversari politici per arrivare a tagliare le emissioni di anidride carbonica e, come dice il suo staff di comunicazione, “usare il suo potere esecutivo per agire nonostante la riluttanza dei deputati repubblicani”.
Un’occasione per passare all’azione gli è stata offerta dal terzo Rapporto sui cambiamenti climatici negli Stati Uniti, il National Climate Assessment, www.whitehouse.gov, reso pubblico proprio dalla Casa Bianca alcuni giorni fa. Un rapporto di 1.300 pagine redatto da 300 scienziati ed esperti, guidati da consulenti federali che dimostra come i cambiamenti climatici siano ufficialmente arrivati in America e abbiano creato disastri e devastazioni in tutti gli Stati, portando la siccità, facendo salire il livello dei mari, provocando l’aumento delle temperature e incendi devastanti, senza contare gli uragani e i cicloni, mettendo così a rischio la salute e la sicurezza di milioni di americani.
Prendendo spunto da questo Rapporto, Obama ha immediatamente avviato una strategia di comunicazione per entrare in diretta nelle case degli americani e spiegare ad un’opinione pubblica molto riluttante la necessità di prendere al più presto provvedimenti. Ha programmato infatti otto interviste con i più famosi meteorologi televisivi del Paese, sapendo bene che i suoi concittadini (secondo un sondaggio il 60%) in fatto di clima hanno più fiducia nelle star Tv delle meteorologia che non negli scienziati.
Questa esposizione mediatica sul tema dei cambiamenti climatici dovrebbe anche aiutare Obama a far accettare le nuove regole sulle emissioni di CO2 degli impianti di produzione energetica che dovrebbero essere annunciate dall’Epa, l’agenzia americana per l’Ambiente, per i primi di giugno.
Una carta in più da giocare in questa dura partita sul clima è offerta ad Obama dai dati economici presenti nel Rapporto. Nel solo 2012 i disastri climatici sono costati al Paese 100 miliardi di dollari (65 miliardi solo l’uragano Sally e 30 la siccità), senza contare i costi non contabilizzati relativi alle spese mediche per malattie o i disagi derivanti dall'incrudimento del clima come stress da caldo, maggior inquinamento atmosferico, disagi alimentari, insetti ecc.
Certamente, comunque finisca questo difficile match, Obama ha ben chiaro che, nonostante quanto sia stato fatto finora, gli Stati Uniti restano i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra del pianeta, 7,5 miliardi di tonnellate stimate per il 2014.