Può bastare un semplice apparecchio per misurare la pressione per ridurre le complicanze che si possono verificare dopo delicati interventi per curare le aritmie cardiache.
L'idea è nata dai cardiologi del Policlinico A.Gemelli di Roma, la procedura consiste nel gonfiare e sgonfiare per alcune volte il manicotto dell'apparecchio per la pressione bloccando transitoriamente la circolazione del braccio del paziente prima dell'intervento.
I ricercatori hanno dimostrato che questo metodo, noto come “precondizionamento ischemico remoto”, è in grado di ridurre l’attivazione delle piastrine che si verifica durante la procedura di ablazione, e potrebbe quindi ridurre le complicanze ischemiche cerebrali a essa legate. Il gruppo ideatore di questa strategia è quello del professor Gaetano Lanza del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, diretto dal professor Filippo Crea; Alessandra Stazi è la dottoressa che compare come primo autore di questo studio.
Pubblicata su “Circulation”, la sperimentazione si è aggiudicata il premio di migliore lavoro scientifico pubblicato sulla rivista internazionale nel 2013 nella sezione ‘Clinical Science’. “Attualmente - spiega il professor Gaetano Lanza - non c’è una codificazione dell’utilizzo del precondizionamento ischemico nella pratica clinica. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che se si applicano stimoli ischemici precondizionanti prima di un’angioplastica coronarica, eseguita per riaprire il vaso occluso che causa l’infarto, il danno miocardico potrebbe essere ridotto"