Secondo il Censis, oggi sono 11 milioni gli italiani che si curano con l'omeopatia. Pensate ai vostri amici e vicini di casa: uno su sei usa probabilmente medicinali omeopatici, il 65% in più rispetto a 20 anni fa. Un interesse crescente verso metodi di cura naturali e senza chimica che apre buone prospettive di lavoro per i giovani aspiranti medici: dopo una laurea in medicina è possibile specializzarsi in Omeopatia nelle numerose scuole presenti in tutta Italia.
Una branca che oggi affascina molti dottori, anche se, mette in guardia Alberto Magnetti, direttore dell'Istituto omeopatico italiano di Torino fondato nel lontano 1883, “prescrivere un medicinale omeopatico non significa fare omeopatia. In mezzo c'è il malato, a cui l'omeopata deve prescrivere una cura costruita su misura”. L'approccio, quindi, è completamente diverso dalla medicina convenzionale: il farmaco non deve lavorare da solo per farci passare un sintomo, ma “accelerare il processo di guarigione che l'organismo sta iniziando a percorrere. La visita omeopatica è molto accurata, dura circa un'ora e valuta molti aspetti diversi del paziente: caratteri fisici e psicologici, modalità sintomatologiche, costituzione, predilezioni e interessi, sogni, reazioni agli stimoli ambientali, fobie e molto altro”, continua Magnetti, intervenuto al 4° Workshop Nazionale IMAGE, organizzato da Greenews.info e dall'associazione Greencommerce e dedicato quest'anno al tema “Medicina ambientale e salute: verso la smart health”.
Rispetto alle medicine convenzionali, l'omeopatia presenta anche interessanti aspetti ecologici: “La produzione dei medicinali ha un impatto limitato, perché non inquina e utilizza quantità molto ridotte di sostanze. Inoltre, non prevede la vivisezione e la sperimentazione sugli animali”. E se molti continuano a guardarla con un po' di sospetto, molte ricerche dimostrano l'efficacia dell'omeopatia: “Uno studio olandese ha rivelato che i pazienti dei medici che avevano studiato medicine complementari come l’omeopatia producevano costi sanitari inferiori per la collettività e, soprattutto, a questo risparmio si accompagnava un tasso di mortalità più basso: fino al 30% a seconda del gruppo di età e del tipo di conoscenze del medico. I pazienti dei medici di famiglia con esperienza nelle medicine non convenzionali avevano bisogno di un minor numero di ricoveri ospedalieri e di minor consumo di farmaci”.