Depressione, la diagnosi arriva due anni dopo i primi sintomi. Ed è anche allarme giovane: 6 casi su dieci sono evidenti già in adolescenza. In Italia, 7 pazienti depressi su 10 attendono un anno prima di ricevere un trattamento farmacologico. E solo il 40% di loro risponde in maniera soddisfacente alla terapia e non presenta ricadute. Sono i dati emersi dal convegno nazionale che si è svolto a Roma sul “male oscuro della nostra società: dai bisogni alla pratica clinica”
In media, passano ventiquattro mesi prima che la diagnosi sia chiara. Un lasso di tempo troppo lungo che può anche rivelarsi fatale: nel 47% dei casi il disturbo diventa cronico e porta così a un peggioramento significativo della qualità di vita. “Nel nostro Paese la depressione maggiore colpisce 7,5 milioni di persone, il 12,5% della popolazione. Ma sono numeri sicuramente sottostimati. È la prima causa di disabilità, ma il difficile inquadramento del problema genera ancora molta confusione – commenta il professor Emilio Sacchetti, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) –. Un periodo di tristezza momentaneo in seguito a delusioni, lutti o insuccessi personali non significa essere malati. La depressione può anche non avere cause apparenti. Riuscire a cogliere in tempo i primi sintomi permette di arrivare in anticipo alla diagnosi e quindi alla terapia più appropriata con maggiori probabilità di successo”.
Spesso il problema è l’usco non corretto di farmaci. Un aspetto problematico, soprattutto perché oggi si dispone di molecole efficaci e più tollerabili, spiegano gli esperti, come l’agomelatina, capostipite di una nuova classe di antidepressivi, con un meccanismo d’azione completamente diverso dai farmaci tradizionali e già disponibile in Italia e la vortioxetina, da poco approvata a livello europeo, con un profilo di tollerabilità/efficacia migliore rispetto ai suo predecessori SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
Un trattamento adeguato, aggiungono gli specialisti, unito al sostegno psicoterapeutico, è in grado di migliorare in maniera significativa la situazione nella maggior parte dei casi. Purtroppo, oltre la metà dei pazienti avrà negli anni una ricaduta