Ci sarà Barack Obama e anche Francois Hollande, ci saranno i leader cinesi (il president Xi Jinping o il premier Li Keqiang), sarà presente con ogni probabilità Matteo Renzi e una lunga lista di leader mondiali; sono però quasi certe le defezioni di Angela Merkel, a capo di quella Germania che è il motore europeo delle energie rinnovabili, di Narendra Modi, primo ministro dell’India che è al terzo posto tra i paesi emettitori di gas serra, di David Cameron, che in Gran Bretagna ha dato il via alla ricerca di gas con la discussa tecnologia del fracking e dei Capi di quegli stati che non aderiscono agli accordi sul clima.
Il Vertice Onu sul clima, che si svolgerà a New York il 23 settembre prossimo, è un appuntamento che parte con grandi ambizioni. I Capi di Stato e di Governo, i leader del settore privato, gli esponenti della società civile che si riuniscono sul palcoscenico mediatico della Nazioni Uniti dovrebbero annunciare infatti nuovi impegni e azioni pratiche contro il cambiamento climatico. Ma nonostante le aspettative e le esortazioni del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha convocato il vertice e ha chiesto ai rappresentanti del Pianeta di annunciare iniziative “significative e di sostanza” per mettere il mondo sulla strada maestra della lotta al global warming, non tutti arriveranno preparati per quell’appuntamento. C’è l’Europa da sempre apripista sul fronte dei cambiamenti climatici che non è riuscita a trovare, nell’ultimo consiglio dei ministri del 26-27 giugno scorso, una posizione comune sui nuovi obiettivi di riduzione dei gas serra per il 2030, rimandando tutto al Consiglio di ottobre; c’è il Giappone, patria del Protocollo di Kyoto, che dopo la chiusura delle centrali nucleari in seguito all’incidente di Fukushima, ha rivisto al ribasso il taglio dei gas serra. E c’è soprattutto la vasta galassia dei Paesi emergenti con al centro i paesi Basic (Brasile, Sud Africa India e Cina) che nonostante gli sforzi sulla strada di un’economia decarbonizzata vedono aumentare il loro contributo alle emissioni dei gas serra, al contrario di quanto sta avvenendo nei paesi industrializzati.
Chi arriverà invece al Vertice dell’Onu con i compiti in ordine sarà Obama, forte del suo decreto del giugno scorso, con cui ha scavalcato il Congresso e quindi l’opposizione repubblicana, che stabilisce che le centrali elettriche del Paese dovranno ridurre le loro emissioni del 30% entro il 2030 rispetto al 2005, un provvedimento con cui punta a rilanciare la leadership americana – molto appannata – sul tema della lotta ai cambiamenti climatici. Questa è la prima volta, dopo Rio+20 nel 2012, che i leader mondiale si trovano intorno allo stesso tavolo per discutere di ambiente. Quel vertice fu un quasi fallimento, come le ultime, annuali Conferenze sul clima in cui si sarebbe dovuto trovare un percorso per il post-Kyoto, ma che hanno prodotto impegni assai poco ambiziosi. Questi precedenti gettano molteplici ombre sulla riuscita del Vertice di New York. Ma non tutto è scontato, potrebbero esserci infatti delle sorprese, soprattutto grazie a quei paesi come Cina, Brasile e India, finora non impegnati dagli obblighi del Protocollo di Kyoto, che stanno lavorando sulla riduzione delle emissioni di gas serra e proprio al Palazzo di Vetro potrebbero trovare il palcoscenico adatto su cui presentare le loro azione salva-clima. E così al Vertice di New York potrebbe andare in scena la prova generale della Conferenza di Parigi del 2015 dove si dovrà arrivare ad un accordo globale sul clima (che riguarderà tutti i Paesi e non solo quelli industrializzati) che entri in vigore nel 2020 e riaffermi l'obiettivo di giungere a limitare l'innalzamento della temperatura a +2 gradi.