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Jeremy Rifkin: “Ecco la terza rivoluzione industriale che renderà la nostra una società sostenibile”
Secondo l’economista americano, già consulente per Bruxelles, siamo all’alba di un nuovo sistema economico. Un sistema ibrido, che porterà alla fine del capitalismo come lo conosciamo e all’inizio di un’era di democrazia economica, grazie all’Internet delle cose.
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09/09/2014

È a Milano che incontriamo il visionario economista Jeremy Rifkin, qui in Italia per presentare il suo ultimo libro “La società a costo marginale zero”, edito da Mondadori, tra le cui pagine spiega come l’intera umanità si trovi all’alba di un nuovo sistema economico, che porterà maggiore democrazia economica e che ci traghetterà verso una società ecologicamente più sostenibile grazie all’Internet delle cose.

Stiamo vivendo la nascita di un nuovo sistema economico, il primo dopo le due rivoluzioni industriali”, spiega l’economista. “In questo momento siamo all’alba della terza rivoluzione industriale e di una nuova economia, il cui motore sarà il ‘Super Internet delle cose’. Un'unica infrastruttura che unirà l’Internet delle comunicazioni, l’Internet dei trasporti e l’Internet dell’energia”.

Le più grandi società di Information Technology, come IBM e Cisco, stanno già lavorando per lo sviluppo di una sorta di rete neurale in grado di raccogliere tutti i dati lungo tutta la filiera di produzione di beni e servizi. Ad oggi ci sono circa 13 miliardi di sensori, e si prevede che entro il 2030 saranno 100 trilioni i sensori installati in grado così di creare un’infrastruttura globale e intelligente.

Si tratta in un certo senso di esteriorizzare le nostre menti e portarle all’interno di una gigantesca rete neurale. Qualcosa di straordinario, che potrà collegare l’intera razza umana”, continua Jeremy Rifkin.

Questione di privacy. Ma cosa ne sarà di questa enorme mole di dati sensibili? Come si potranno proteggere i dati, le informazioni personali, come proteggersi dal cyber terrorismo?

La questione fondamentale è che dobbiamo presupporre la neutralità della rete, cosa che sarà difficile perché in molti cercheranno di garantirsi il monopolio”. Si dovrà istituire una sorta di autorità, che vigili sulle grandi società che utilizzano questi dati per fornire, già oggi, beni e servizi.

La società a costo marginale zero. Questo processo, nell’ipotesi più ottimistica, porterà ad una democratizzazione dell’intera società: attraverso l’Internet delle cose ognuno di noi, con un semplice smartphone o tablet potrà aver accesso ai dati e programmare le proprie applicazioni, per creare algoritmi aumentando in maniera considerevole la produzione e la riduzione dei costi marginali (il costo marginale è il costo aggiuntivo di un bene o un di servizio, se il costo fisso non è conteggiato). “Diventeremo così dei prosumers, ovvero dei produttori e consumatori allo stesso tempo, per produrre non solo beni e servizi ma per condividerli attraverso questa piattaforma. La condivisione porterà ad un costo marginale molto prossimo allo zero in un sistema di Commons collaborativo”. Non teoria, ma qualcosa che sta già accadendo da 10 anni a questa parte. Il costo marginale prossimo allo zero ha avuto un impatto significativo in particolar modo nel mondo dell’informazione. Pensiamo allo shock subito dal mondo dell’editoria, dell’industria musicale e televisiva con la nascita dei newsblog, di piattaforme di condivisione e di produzione di materiale audiovisivo. “Nessuno ha mai immaginato finora che ci potesse essere una rivoluzione tecnologica così estrema in termini di aumento di produttività, da portare il costo marginale molto prossimo allo zero”, chiarisce l’economista. “Questo non accadrà per tutti i servizi e i beni, ma per gran parte di loro, che a questo punto risulteranno disponibili in grandi quantità e spesso gratuiti”.

La questione energetica. Ma da dove proverrà l’energia necessaria per alimentare questo sistema, questa piattaforma sempre connessa? Per Rifkin la risposta viene dall’Internet dell’energia. Ovvero ognuno di noi nelle nostre abitazioni, sarà in grado di produrre l’energia necessaria grazie alle rinnovabili, solare ed eolica in primis.

Sta già accadendo in Paesi come Germania e Danimarca, dove migliaia di abitazioni sono state riconvertite con sistemi di produzione di energia rinnovabile. Tra una decina d’anni saranno milioni gli edifici collegati tra loro e in grado di produrre energia”. L’economista e scrittore riporta l’esempio della Cina: “Dopo il mio incontro dello scorso settembre con il vice premier cinese, il Governo cinese ha stanziato 84 miliardi di dollari in 4 anni per creare l’Internet dell’energia, dove milioni di persone si occuperanno dello sviluppo del settore delle rinnovabili”.

Internet delle cose e il cambiamento climatico. Secondo la visione di Rifkin, in un mondo dove nel Super Internet delle cose convergeranno comunicazioni, energia e trasporti, sarà possibile aumentare la produttività diminuendo i costi marginali e facendo a meno dei combustibili fossili e dell’energia nucleare, semplicemente perché questo sarà un sistema più efficiente. “Per fare ciò ci servono tutte e tre le cose, ovvero l’Internet delle comunicazioni, dell’energia e dei trasporti, perché soltanto in questo modo potremo avere accesso ai big data e ridurre i costi marginali. Automaticamente si potranno condividere beni e servizi, auto, vestiti, giocattoli. Il fatto che possano essere continuamente riciclati e condivisi ci porta ad una drastica riduzione nell’utilizzo delle risorse”, con una conseguente riduzione delle emissioni. Sarà il concetto stesso di “proprietà” a essere capovolto. La priorità non sarà più il possesso del bene, ma il suo accesso. Meno sprechi e più efficienza in tutti i settori. “Non mi ritengo naif, perché mi occupo di questi temi da più di quarant’anni”, conclude. “Ma mi considero un cauto ottimista”.

 

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