I Parchi nazionali italiani spingono la crescita della ricchezza di tante aree del Nord, ma il Mezzogiorno non riesce ancora a valorizzarli anche in termini economici. Tra il 2011 e il 2013, in piena crisi economica, il valore aggiunto prodotto dalle imprese nei parchi è diminuito dello 0,6%, mentre nel resto d'Italia il calo è stato molto maggiore, dell'1,8%, a dimostrazione che esiste un “effetto parco”, ovvero una maggior capacità di creazione di ricchezza e benessere da parte delle imprese localizzate nelle aree soggette a tutela ambientale.
I dati sono contenuti nel Rapporto "L'economia reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette" realizzato dal Ministero dell’Ambiente e da Unioncamere. ''Coniugare la conservazione della natura e la crescita di un'economia che pone l'ambiente come cardine del suo sviluppo - ha affermato il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti - rappresenta un passo oggi quanto mai necessario''. Questa capacità di resistenza alla crisi che il Rapporto riscontra in molti territori “verdi” è frutto di un mix di crescita economica, sostenibilità ambientale, produzioni di qualità, rispetto dei saperi e del benessere dei territori. Un modello di sviluppo nuovo che sembra esercitare un discreto appeal sui giovani e sulle donne, i quali, in misura relativamente maggiore che nel resto del Paese, hanno scelto proprio le aree protette come sede della propria impresa.
Le imprese di giovani nei parchi sono il 13,1% contro l'11,1% dell'Italia, e quelle a guida femminile sono 26,8% contro il 23,6% registrato a livello italiano. Le attività produttive censite dal Rapporto nei parchi sono oltre 68mila, con un'incidenza elevata di attività commerciali (26%, spesso di prodotti artigianali), agricole (22,5%) e della ristorazione (7,7%). In media, ciò significa che esistono 9,7 imprese ogni 100 abitanti, con una densità di poco inferiore a quella media nazionale (10,2%). Anche chi ha scelto il parco per viverci o lavorarci è giovane: la popolazione di meno di 30 anni e' percentualmente maggiore nei parchi nazionali (31,2%) rispetto alla media italiana (29,4%), con punte del 38% in alcune aree del meridione, come il Vesuvio, l'Aspromonte e il Gargano.
I parchi però, diffusi in tutte le regioni italiane, ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia e della Sicilia, hanno conosciuto in vent'anni un progressivo spopolamento (i residenti si sono ridotti del 5,6%, in controtendenza con quanto registrato a livello nazionale, dove l'aumento è stato del 5,1%), dovuto essenzialmente alla scarsa attrazione che queste aree hanno esercitato verso la componente straniera che si è resa protagonista del recente boom demografico del nostro Paese.
Negli ultimi anni, però, questo fenomeno sembra si stia arrestando: nel 2012 rispetto al 2011, infatti, si e' assistito a una crescita, seppur modestissima. Anche per far conoscere meglio queste realtà, Ministero dell’Ambiente e Unioncamere hanno messo a punto l’Atlante socio-economico delle aree protette italiane, consultabile on line all’indirizzo: www.areeprotette-economia.minambiente.it/