Ci sono paesi dove crescono vertiginosamente e ci sono paesi dove, seppur di poco, sono in calo. Si parla delle coltivazioni OGM, uno degli argomenti più controversi per i consumatori, gli agricoltori e persino gli scienziati. L’ ultimo rapporto dell’ISAAA (International Service for acquisition of agri-biotech application), che traccia la mappa internazionale delle coltivazioni biotech in tutto il mondo, per il 2014 registra una crescita di 6,3 milioni di ettari coltivati a OGM (si è passati dai 175.2 milioni di ettari del 2013 ai 181,5 del 2014). Unica eccezione di questo trend di crescita, è l’Europa dove le coltivazioni sono calate del 3% rispetto all’anno precedente.
Complessivamente sono 28 i Paesi che hanno coltivato biotech nel 2014 per un totale di 181,5 milioni di ettari e 18 milioni di agricoltori coinvolti, concentrati soprattutto negli Stati Uniti (73,1 milioni di ettari), in Brasile (42,2 milioni), Argentina (24,3 milioni), India (11,6 milioni) e Canada (11,6 milioni) ma anche in Cina (3,6 milioni) e nei Paesi in via di sviluppo. In Europa sono 5 i paesi che hanno detto sì alle coltivazioni biotech per un totale di 143.016 ettari di campi OGM (148.013 l’anno precedente). Il paese leader è la Spagna che coltiva il 92% del mais BT in Europa (131.538 ettari), gli altri paesi sono il Portogallo, la Romania, la Repubblica Ceca e la Slovacchia.
Ma qual è la ragione di questa inversione di tendenza in Europa?
L’ISAAA la spiega così, “gli agricoltori sono disincentivati a coltivare mais Bt a causa delle procedure onerose e difficoltose in capo agli agricoltori dell’Ue”. L’Italia, che non ha mai sposato il biotech ed ora vede questa sua decisone ufficializzata dal decreto Ambiente-Politiche agricole sul divieto di coltivazione del mais OGM e dalla direttiva europea che dà libertà di scelta ai Paesi su questo argomento, rischia così, secondo Alessandro Sidoli, il Presidente di Assobiotec, l’Associazione per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica, “di rimanere fuori da questa occasione di sviluppo” e di stare ferma “a guardare gli altri paesi, che, dopo essere partiti, prendono sempre maggiore velocità”. Secondo Sidoli queste decisioni nazionali e dell’Ue, “ci allontanano dal mondo e privano la nostra agricoltura di una leva di innovazione fondamentale per competere nei mercati internazionali”.
Sul fronte opposto Coldiretti e Ministro dell’Ambiente. “Per l'Italia – osserva il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo - gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che e' il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy". Ed è proprio il modello di agricoltura made in Italy, per il ministro dell’Ambiente, alla base della sua posizione a favore della direttiva Ue. “Ci siamo battuti in Europa contro gli Ogm - dice Gian Luca Galletti - perché, pur se danno da mangiare a Paesi in cui altrimenti non ci sarebbe cibo, la possibilità di coltivarli nel nostro Paese avrebbe danneggiato l'eccellenza dei nostri prodotti agricoli".
L’ISAAA nel suo rapporto non può fare a meno però di elencare i benefici ambientali ed economici delle colture biotech negli ultimi 20 anni: calo del 37% dei pesticidi chimici, aumento del 22% dei raccolti, aumento dei profitti degli agricoltori del 68%.