Prosegue in Italia la serie positiva per il clima. Le emissioni di gas serra continuano infatti a calare e nel 2014 sono diminuite del 6-7% rispetto all’anno precedente, pari a 25-30 MtCO2eq in meno rispetto al 2013. E i dati sono anche più positivi rispetto alla data base fissata dal protocollo di Kyoto -il 1990 - da allora infatti sono scese del 20%. Queste stime delle emissioni di gas serra in Italia sono state pubblicate dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in occasione dell’anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 febbraio 2005).
La ragione di questa discesa dei gas serra non è solo da attribuire alla recessione economica, ma ad una riduzione dell’intensità carbonica del PIL. "Se questo trend sarà confermato - spiega Edo Ronchi, papà del Protocollo di Kyoto e Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - le emissioni continueranno a calare anche nei prossimi anni in presenza di una ripresa economica. E’, infatti, in corso un mutamento strutturale del sistema energetico italiano, prodotto dall’aumento sia dell’efficienza energetica e sia delle fonti energetiche rinnovabili”.
Alla base del calo delle emissioni stimato dalla Fondazione, sta in primo luogo il calo della domanda di gas naturale, scesa da 70 a meno di 62 miliardi di m3 (-12%), a causa in primo luogo di un calo della produzione termoelettrica. Significativo anche il calo nei consumi di carbone che nel 2014 avrebbero subito una flessione di circa il 7%. Hanno tenuto maggiormente i consumi di prodotti petroliferi, calati di meno del 2%, grazie anche alla riduzione dei prezzi dei carburanti. Su tali dinamiche hanno senz’altro inciso le politiche a favore dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, tanto che nella produzione elettrica, osserva Andrea Barbabella, responsabile energia della Fondazione, si può prevedere “una produzione rinnovabile tra 110-115 TWh, pari a oltre il 42-43% della produzione nazionale e al 36-37% del fabbisogno elettrico”.
Ma se l’Italia è virtuosa in fatto di clima non lo è altrettanto il mondo, nel 2014 la concentrazione di CO2 in atmosfera ha sfondato infatti la soglia dei 400 ppm e in tutti gli ultimi anni si è registrata un’accelerazione delle emissioni, con il +30% e oltre rispetto al 1990. Questo preoccupante scenario internazionale getta delle ombre sulla prossima trattativa sul clima di Parigi. Ma un accordo risolutivo, secondo la Fondazione, è ancora possibile se si agisce su tre elementi chiave. Per prima cosa mettere in campo tutte le iniziative possibili prima di ottobre, scadenza fissata nella roadmap di Lima, per rivedere al rialzo gli impegni volontari di riduzione, a cominciare dai principali emettitori USA e Cina; poi promuovere un percorso di progressiva convergenza delle emissioni pro capite, dando la possibilità di lasciar crescere per alcuni anni le proprie emissioni ai paesi più poveri per poi comunque ridurle e avviando da subito un percorso di tagli per quelli ricchi ad elevate emissioni pro capite; infine valorizzare il potenziale della green economy, oggi sottovalutato.