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Un regolamento comunale apre le porte alla cittadinanza attiva
Già approvato a Bologna e in altri 40 municipi, libera le energie dei cittadini che vogliono prendersi cura dei beni comuni
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30/04/2015

L’area verde vicino casa piena di rifiuti e senza fiori a colorare il prato. Quel fazzoletto di terra accanto alla scuola, che potrebbe servire ai bambini per coltivare carote e insalate, e imparare così la scienza fuori dall’aula. La piazza sempre deserta in fondo alla strada, che sembra non aspetti altro che un mercatino degli agricoltori locali. Da circa un anno un regolamento comunale approvato a Bologna a febbraio 2014 e poi adottato via via da decine di città, apre le porte ai cittadini che vogliono prendersi cura dei beni comuni, far fiorire un’aiuola ai giardinetti, trasformare un piccolo angolo di terreno incolto in un orto scolastico, allineare nella piazza vicino a casa i banchi delle aziende agricole locali.

A tracciare la strada è stata nel 2001 l’introduzione in Costituzione del principio di sussidiarietà: all’articolo 118, ultimo comma, si stabilisce che i poteri pubblici “favoriscono le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”. Un’affermazione rivoluzionaria ma non sufficiente, spiega Gregorio Arena, docente di Diritto amministrativo all’università di Trento e presidente dell’associazione Labsus, che con i funzionari del Comune di Bologna ha lavorato per due anni al regolamento: “La Costituzione è la bussola per orientarsi, ma per governare la barca ci vuole il timone, ci vogliono cioè leggi e regolamenti che applichino i principi costituzionali, altrimenti essi restano lettera morta, come è successo appunto alla sussidiarietà”.

Finché, armato di pazienza, Arena non ha cominciato a lavorarci, coinvolgendo poi anche l’amministrazione bolognese. “Oggi – spiega Donato Di Memmo, responsabile dell’ufficio Semplificazione amministrativa e Promozione della cittadinanza attiva – quando i cittadini desiderano contribuire alla cura di un bene comune, ci scrivono una mail con la loro idea. Se l’amministrazione la ritiene interessante, e questo avviene quasi sempre, ci si confronta e si stringe un patto di collaborazione”. In meno di un anno ne sono già stati sottoscritti una cinquantina, e molti altri sono in dirittura d’arrivo. Si va dall’allestimento di una bacheca di quartiere alla pulizia dei muri imbrattati, fino all’organizzazione di momenti divulgativi sull’alimentazione sostenibile e la cura di aree verdi. I proponenti non sono solo anziani in cerca di un passatempo: “Ci sono anche molti giovani, attivi soprattutto in progetti di innovazione sociale”, continua Di Memmo.

Girando l’Italia per presentare il documento, Arena ha trovatocittadini che sembra non aspettino altro che rimboccarsi le maniche. Con il regolamento abbiamo liberato energie pronte ad attivarsi e che fino ad oggi si scontravano con resistenze burocratiche e ostacoli amministrativi”. Il documento, segnalato di recente anche dal premio Innovazione amica dell’ambiente di Legambiente, è già stato adottato da 40 città, mentre altre 70 lo approveranno presto. Un progetto che, aggiunge il presidente di Labsus, “è in sintonia con un cambiamento culturale profondo, che al momento riguarda una minoranza di cittadini, ma che potrebbe in tempi relativamente brevi diventare un fenomeno molto più ampio”, in cui invece di delegare agli altri, si decide di agire in prima persona. 

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