A quasi 30 anni dall’incidente di Cernobyl il rischio radiazioni non è ancora superato. Gli incendi delle foreste attorno alla centrale, sempre più frequenti, potrebbero infatti causare un ulteriore fallout nucleare che potrebbe colpire le popolazioni della Russia e dell’Europa centrale e orientale. Questo quanto emerge da uno studio pubblicato sulla newsletter della Commissione europea “Science for Environment Policy” che esamina la diffusione del fallout e gli effetti sulla salute. Lo studio mette in evidenza come il paesaggio intorno al luogo del disastro del 1986 sia cambiate drasticamente: nelle aree evacuate ed interdette dell’Ucraina, della Bielorussia e della Russia è cresciuta la copertura di verde e le foreste sono passate dal 53% al 70%. In questo modo è cresciuto anche i numero di alberi e piante che assorbono ed immagazzinano gli elementi radioattivi. Questo è particolarmente vero per il Cesio-137 che forma sali simili a quelli che le piante assorbono dal suolo. Questo aumento della superficie forestale, insieme alla diminuzione delle misure di prevenzione anti-incendio e all’accumulo di piante cadute al suolo aumentano così il rischio di incendi e di conseguenza il rischio di rilascio di particelle radioattive in atmosfera. Incendi che si sono già verificati, come quello del 2002, che ha visto andare a fuoco il 9% delle foreste delle zone interdette dell’Ucraina e della Bielorussia o quello recentissimo scoppiato il 26 aprile scorso (ventinovesimo anniversario dell’incidente di Cernobyl) che ha interessato una vastissima area boschiva introno alla centrale. La ricerca partendo da queste premesse ha esaminato come un singolo elemento radioattivo proveniente da Cernobyl, il Cesio-137, potrebbe diffondersi con gli incendi nelle aree contaminate e per fare questo si è basata sui dati reali provenienti da satellite registrati nel 2010. Per valutare le conseguenze degli incendi sono stati presi in esame tre scenari, il primo con un 10% di foreste bruciate, il secondo, intermedio, con il 50% delle foreste bruciate ed uno estremo con il 100% delle foreste in fumo e la quantità di radioattività e gli effetti sulla salute che si possono aspettare dopo un anno di esposizione. Nello scenario intermedio ed estremo una notevole quantità di cesio-137 potrebbe raggiungere da 5 a 15 milioni di persone soprattutto nelle aree dell’Europa centrale ed orientale. Nel caso di un incendio che interessa solo il 10% delle foreste, il cesio-137 raggiungerebbe solo le popolazioni locali. La dose di radiazioni che colpirebbero le popolazioni è stata così valutata: nello scenario del 10% si tratterebbe di 0,001-0,01 millisievert (mSv), nello scenario intermedio 0,05 in quello estremo 0,1 mSv (per capire basti dire che una radiografia al torace dà una dose di 0,06 mSv) con un eccesso di morti per cancro dai 10 ai 170. Questi dati si basano solo su un singolo incendio, ma se gli incendi aumentassero a causa delle temperature più calde e della diminuzione delle precipitazioni causate dai cambiamenti climatici, dice la studio,l’esposizione alla radioattività potrebbe aumentare, anche se, sottolinea, lo scenario estremo è molto improbabile che si verifichi a causa di molti fattori, primo fra tutti il fatto che le foreste non sono una zona boschiva continua. Su questo tema si è espressa anche Greenpeace che ha sottolineato come le radiazioni provenienti da incendi passati abbiano addirittura raggiunto il territorio turco.