Da Expo viene lanciato l'allarme: 1 italiano su 10 soffre di povertà alimentare. Ad essere colpiti moltissimi minorenni, circa 1 milione e 300 mila, mentre sono sempre di più le persone che non possono permettersi un pasto con una componente proteica ogni due giorni, e questo dato è più che raddoppiato dal 2007, passando dal 6 per cento delle famiglie al 14 per cento.
Numeri rimasti confinati all'interno delle associazioni caritative fino alla pubblicazione dei risultati dell’indagine “Food Poverty Food Bank. Aiuti alimentari e inclusione sociale”, redatto da Giancarlo Rovati e Luca Pesenti, edita da Vita e Pensiero e realizzata con il contributo di Fondazione Deutsche Bank Italia e professionale di PwC.
“Questa indagine sulla povertà alimentare in Italia fotografa due mondi in stretto rapporto tra loro: il mondo di chi soffre i disagi della povertà e il mondo di chi cerca di alleviarli e sconfiggerli”, ha dichiarato Giancarlo Rovati, ordinario di Sociologia alla Cattolica di Milano e curatore della ricerca. “La geografia della solidarietà offre dunque una speranza alla geografia della povertà. Le risorse per la lotta alla povertà vanno però sensibilmente aumentate per passare dalla fase, insostituibile, della assistenza a quella dell’inclusione sociale”.
Ma il grido d'allarme arriva proprio dal mondo solidale, che si fa carico di aiutare chi si trova in difficoltà: aumentano così gli assistiti, in particolare adulti italiani, persone disoccupate, indebitate e separate o divorziate che chiedono di poter ricevere un pacco alimentare. La principale causa di povertà nel 2014 pare essere nell’80 per cento dei casi la perdita del lavoro. Ma il numero forse più preoccupante è quel 66 per cento di Enti convenzionati che dichiarano di non poter più affrontare un aumento delle persone da aiutare.
“Le informazioni raccolte sono ancora più drammatiche per il persistente paradosso dello spreco di alimenti ancora commestibili nella filiera alimentare”, afferma il presidente di Banco Alimentare Andrea Giussani . “Diffonderemo i contenuti dello studio anche per incrementare il numero delle aziende che, sull'esempio di chi già lo fa oggi, siano disponibili a donare alimenti non più commercializzabili, salvandoli dallo spreco e destinandoli a scopo sociale e a sostenere con contributi la nostra attività come hanno fatto per questa occasione in modalità diverse Deutsche Bank Italia e PwC”.
Se in Francia presto lo spreco alimentare nelle grande distribuzione sarà fuorilegge, da noi si tenta di arginare il problema con l'idea “SprecoZero”, proposta dal ministro Martina: “Stiamo lavorando con la grande distribuzione e l’industria per aumentare il recupero delle eccedenze: il nostro obiettivo è portare nel 2016 a 1 milione di tonnellate il cibo salvato e donato a chi ne ha bisogno”.
Nel frattempo è il mondo dell'imprenditoria che in caso di crisi spesso inventa modi per risolvere un problema. Ne sono un esempio tutte le startup e ong nate in questi anni, proprio per combattere lo spreco alimentare. Ecco allora Breading, piattaforma digitale no profit con lo scopo di trasferire risorse alimentari dagli esercenti alle associazioni del terzo settore e sviluppare un sistema che, grazie alla capillarità di funzionamento, recuperi in maniera semplice le eccedenze e le ritrasferisca alle associazioni.
O MyFoody, piattaforma che mette in contatto cittadini e filiera per combattere le eccedenze e vendere a prezzi scontati i prodotti che altrimenti finirebbero per essere buttati. O LastMinuteSottoCasa.it: partita da Torino l'iniziativa permette ai negozianti di mettere in vendita a prezzi convenienti la merce fresca e alle persone iscritte di acquistarle, evitando avanzi e acquistando prodotti freschi a prezzi inferiori. Aspettando che anche da noi buttare il cibo diventi fuorilegge, nascono così nuove iniziative che preparano il terreno per quello di cui più abbiamo bisogno. Un cambio culturale.