“If you can’t fix it, you don’t own it”, dice lo slogan che campeggia sul “Repair Manifesto” di iFixit. Nata nel 2003 dalla passione per le riparazioni di due studenti di Ingegneria del Politecnico della California, Kyle Wiens e Luke Soules, la piattaforma digitale, oggi disponibile anche in italiano, è diventata un caso: raccoglie più di 16.500 manuali gratuiti per rimettere a posto oltre 4.500 dispositivi elettronici di ogni tipo. Una specie di Wikipedia delle riparazioni che punta a far diminuire l’ammasso di rifiuti elettronici prodotti ogni anno in tutto il mondo.
Basta iscriversi per poter consultare gratuitamente e migliorare le istruzioni, che spiegano passo passo, con tanto di foto, come riparare tablet, smartphone, lettori mp3, macchine fotografiche, computer portatili, e altro ancora. In fondo a ogni manuale è segnalato il livello di difficoltà, mentre ogni utente ha un punteggio reputazionale, in base alla qualità delle informazioni condivise.
Le storie di riparazioni di successo sono tante: “Ragazzi, mi avete fatto risparmiare 1.200 dollari (il prezzo di un nuovo laptop Apple)”, scrive sul sito Lucy dal Michigan, che con 29 dollari è riuscita a riparare il suo vecchio portatile. “E’ stato bellissimo che mi abbiate aiutato a riparare il mio Ipod con meno di 70 dollari”, aggiunge Patricia.
Dispositivi salvati dallo smaltimento. Una goccia del mare, potrebbe dire qualcuno, ma pur sempre un contributo per rallentare il mostruoso aumento di rifiuti elettronici. Secondo un report dell’Università delle Nazioni Unite, che ha cercato per la prima volta di fare una valutazione a livello mondiale del fenomeno, l’anno scorso sono state prodotte quasi 42 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), di cui solo 6,5 Mt sono state avviate con sicurezza a processi di riciclo con elevati standard ambientali. Una grande ricchezza buttata: “Si stima che il valore materiale intrinseco dei rifiuti elettrici ed elettronici globali nel 2014 sia stato di 48 miliardi di euro”, soprattutto per l’oro, il rame e le componenti plastiche dei dispositivi. E la quantità di e-waste è destinata a crescere ancora: si prevede arrivino a 50 Mt entro il 2018.
A influire, sono da una parte gli stili di consumo dei Paesi industrializzati e l’aumento del benessere nelle economie emergenti. Dall’altra, però, non bisogna dimenticare il comportamento delle aziende produttrici: “Non mettono a disposizione dei consumatori parti di ricambio e istruzioni per la riparazione. Noi pensiamo che ognuno debba avere il diritto di gestire e aggiustare i suoi prodotti”, denuncia il sito di iFixit.
Per sostenere economicamente la propria attività, la piattaforma punta proprio sulla vendita di pezzi di ricambio e kit per riparare i dispositivi. A volte, ammettono i fondatori, sarebbe più economico comprare un nuovo cellulare o un nuovo computer invece di aggiustare quelli vecchi, “ma ci sono altri costi incorporati nei prodotti: l’energia necessaria per produrli in primo luogo, e le sfide ambientali da affrontare per riciclarli nel modo giusto”, considerando anche la grandi quantità di sostanze tossiche presenti all’interno dei dispositivi. Secondo il rapporto dell’università delle Nazioni Unite, nel 2014 tra i Raee mondiali c’erano 2,2 milioni di tonnellate di vetro al piombo, 300 mila tonnellate di batterie e 4 mila chili di CFC, responsabili del buco nell’ozono.