Tutti uniti in nome del clima. Gli europei, sempre primi della classe in fatto di lotta ai cambiamenti climatici, hanno ridotto le emissioni di gas serra del 23% rispetto al 1990 (nel 2020 la riduzione dovrebbe arrivare al 24%), sono sempre di più i Paesi che hanno presentato i loro piani di riduzione in in vista della COP 21 di Parigi ed ora anche un piccolo, ma economicamente ricco, drappello di governi locali ha lanciato la sua sfida per raffreddare il pianeta. Le nuove rilevazioni compiute dall’ Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) dimostrano che l’Unione Europea ha fatto bene i compiti a casa per la prossima Conferenza sul clima di Parigi. Dalla relazione dell'AEA emerge, infatti, che, secondo stime approssimative, nel 2014 le emissioni di gas serra sono diminuite del 4% rispetto al 2013, anche se in parte ciò è dovuto alle temperature insolitamente miti che hanno determinato una riduzione della domanda energetica. Le proiezioni più recenti degli Stati membri indicano, poi, che entro il 2020 l'UE, con le misure vigenti, dovrebbe arrivare ad una riduzione del 24% e, con le misure aggiuntive già previste dagli Stati membri, ad una riduzione del 25%. contro il target di riduzione del -20%,fissato dal protocollo di Kyoto per il secondo periodo di impegno 2013-2020. "Questi risultati – ha dichiarato Miguel Arias Cañete, Commissario responsabile per l'Azione per il clima e l'energia- sono eloquenti: l'Europaè riuscita a ridurre le emissioni del 23% tra il 1990 e il 2014 mentre l'economia, nell'arco dello stesso periodo, è cresciuta del 46%. Abbiamo ripetutamente dimostrato che la protezione del clima e la crescita economica vanno di pari passo”. Di fronte ad un’Europa virtuosa, anche le altre nazioni non sono da meno e stanno lavorando per il clima. Sono infatti, ad oggi, 154 i paesi che hanno inviato i propri Intended Nationally Determined Contributions, gli impegni in vista dell'accordo sul clima di Parigi per la riduzione delle emissioni globali post-2020, pari a circa l'88% delle emissionimondiali di gas a effetto serra Tra questi Paesi che hanno presentato i loro piani ci sono grandi emettitori come Cina, Usa, India, Unione Europea, Brasile. In particolare, la Cina, cui spetta il primate mondiale per emissioni di gas serra, si è impegnata raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030, a ridurre le emissioni di CO2 per unità di PIL tra il 60-65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, aumentare la quota di energia non fossile nel mix energetico ad almeno il 20% e aumentare la copertura forestale. Gli Stati Uniti, che seguono a ruota nella classifica dei cattivi climatici, hanno preso l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra del 28% nel 2025 rispetto al 2005 e l’Unione Europea, al quarto posto in questa classifica, prevede una diminuzione del 40% nel 2030 rispetto al 1990. Ma non sono solo le nazioni a presentare i loro piani di riduzione della CO2. Ci sono anche più di 20 governi locali e regionali, che tutti insieme formerebbero la quinta nazione del globo e che valgono il 10% del PIL mondiale, che in vista di Parigi si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra di di 7,9 gigaton per il 2030 (una quantità di CO2 superiore a quella emessa nel 2012 dagli Stati Uniti) attraverso programmi di efficienza energetica e di utilizzo delle rinnovabili. Tra questi governi locali ci sono la California, il Quebec, la Scozia, i Paesi Baschi, la Baviera, la provincia del Natal in sud Africa e la regione di Canberra in Australia.
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