Lavatrici, computer, cellulari, nel corso della loro vita sono davvero diversi l’uno dall’altro per utilizzo. Una volta, però, diventati ormai inutilizzabili, come ne “la livella di Totò”, diventano tutti uguali: rientrano infatti nella categoria di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che, giunti a fine vita, vengono individuati con l’acronimo RAEE.
La produzione annuale di tal genere di rifiuti registra, di anno in anno, una crescita esponenziale. In Italia, al fine di recuperare le materie prime seconde in essi contenute - evitando al contempo che, da possibile risorsa, una volta finiti in discarica o peggio abbandonati, diventino fonte di inquinamento - esistono precise norme sulla raccolta e il corretto smaltimento di tali apparecchiature. Ciò nonostante, va purtroppo segnalato che, in spregio alle regole vigenti, sono ancora molti i RAEE “abbandonati” o, comunque, non correttamente avviati al processo di raccolta. A peggiorare tale quadro va inoltre segnalato il fenomeno del commercio illegale di tali rifiuti in particolar modo verso paesi extra UE.
Secondo il rapporto “E-Waste monitor” realizzato United Nation University, le tonnellate di RAEE prodotte a livello mondiale nel 2014 sono state ben 41,8 milioni: il dato è emblematico se si pensa che, qualora fossero state correttamente recuperate le materia prime seconde potenzialmente riutilizzabili, il corrispondente valore economico ottenuto si sarebbe aggirato intorno ai 48 miliardi di euro.
Va purtroppo sottolineato che non tutte le componenti sono di facile recupero e, in molti casi, la corretta raccolta e smaltimento non avviene.
Per questo la ricerca si sta indirizzando verso lo studio dell’elettronica biodegradabile. L’Università del Missouri ha recentemente pubblicato una ricerca in cui spiega di aver creato i primi display biodegradabili realizzati con componenti organiche. I ricercatori Suchismita Guha e Soma Khanra del Dipartimento di Fisica e Astronomia hanno messo a punto una pellicola biodegradabile realizzata per i palmari utilizzando peptidi (composti proteici) che - ha evidenziato la ricerca - possono essere combinati con un polimero blu luminescente ottimo per fare i display. Lo studio proseguirà con altri polimeri per poter garantire la luminescenza necessaria negli altri colori (nel dettaglio il verde e il rosso) e per far sì che queste materie prime organiche possano effettivamente essere utilizzate nel maggior numero possibile di prodotti dell’elettronica.