Scioglimento dei ghiacci, diminuzione della biodiversità, aumento dei disastri naturali come frane e valanghe: la montagna è tra gli ambienti più minacciati dai cambiamenti climatici. Con ricadute che in futuro si sentiranno sempre più anche in pianura: sulle terre alte vive il 14% della popolazione mondiale, a rischio migrazione in caso di effetti del riscaldamento globale sempre più pesanti, e da qui viene il 60% dell’acqua utilizzata sul pianeta.
Nonostante questo, le montagne erano fino a poco tempo fa le grandi assenti degli incontri negoziali in preparazione della Cop21 di Parigi. “Soltanto nell’ultimo round di negoziazioni, tenutosi a Bonn dal 19 al 23 ottobre, è apparso un riferimento ai piccoli Stati montuosi in via di sviluppo come gruppo di Paesi particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico”, spiega Rosalaura Romeo di Mountain Partnership, l’alleanza tra 262 soggetti, tra cui 56 governi, nata nel 2002 sotto l’egida della Fao per il miglioramento della vita delle popolazioni e la protezione degli ecosistemi montani di tutto il mondo. “Sicuramente un piccolo passo avanti, ma con una formulazione molto riduttiva. Esclude, infatti, tutti quegli stati come ad esempio l’Argentina, l’India o il Marocco che, pur ospitando importanti catene montuose, non rientrano nella definizione di piccoli stati montuosi”, prosegue Romeo.
Di fronte alla scarsa attenzione riservata alla montagna nel percorso che sta portando alla Cop, l’organizzazione ha lanciato a settembre una petizione on line con lo scopo di richiamare l’attenzione sull’importanza di questi territori, perché vengano inclusi nelle negoziazioni e siano poi destinatari di politiche e investimenti adeguati sul fronte dell’azione per il clima. Risorse necessarie sulle nostre Alpi, così come nei Paesi in via di sviluppo, dove un abitante di montagna su tre soffre o rischia di soffrire la fame.
Sollecitato anche da un’interrogazione parlamentare con prima firmataria la deputata Marina Berlinghieri, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti si è impegnato “a supportare le iniziative dirette a ottenere un riconoscimento formale della vulnerabilità dell’ambiente di montagna e delle sue popolazioni nei negoziati e nei documenti finali della Cop21”: i dicasteri degli Esteri e dell’Ambiente, in sostanza, hanno promesso che presenteranno la petizione davanti alla plenaria della Conferenza di Parigi, purché sia supportata da un numero consistente di firme (il traguardo delle 5.000 firme fissato a settembre è già stato raggiunto ed alzato ora a 7.500). “Le comunità montane possiedono le conoscenze tradizionali per gestire i fragili ecosistemi in cui abitano e migliorarne la resilienza, ma le loro voci rimangono spesso inascoltate e non vengono adeguatamente supportate da interventi politici e investimenti. La Conferenza di Parigi è un’occasione imperdibile per portare la causa delle montagne sotto la luce dei riflettori e convincere governi e organismi internazionali a impegnarsi attivamente”, dice Romeo.
Per la rappresentante di Mountain Partnership, il futuro della montagna è prima di tutto “un problema di diritti umani”: per questo bisognerebbe “pagare le comunità montane per i servizi che garantiscono alle comunità di pianura. I servizi vanno retribuiti. Nelle zone aride il 90% dell’acqua arriva dalle montagna. Un miliardo di persone al mondo dipende dall’acqua dei ghiacciai. Anche per questo la montagna deve essere al centro delle politiche”.