Per la Cop 21, la conferenza Onu sul clima, sta per scattare l’ora “X”. Secondo i programmi, infatti entro poco più di 24 ore (le 18 di venerdì 11 dicembre) dovrebbe essere varato l’accordo “storico” capace di arrestare i cambiamenti climatici ed assicurare un futuro all’ umanità. Ieri il Presidente della Conferenza, il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, ha presentato la nuova bozza di accordo, elaborata dal Comitato di Parigi composto da 14 ministri, definita “un passo in avanti”. .E’ stata ridotta, infatti, la “mole” del documento, passato da 43 pagine a 29 e le parentesi quadre (le parti dell’ accordo ancora controverse) sono scese da 1.610 a 366. Tutta la notte i gruppi di lavoro si sono confrontati su questo testo negoziale e proseguiranno ad oltranza per presentare entro fine giornata una nuova bozza di accordo, si spera quella definitiva. Fino ad oggi il lavoro negoziale, in particolare, ha centrato tre obiettivi importanti: Il primo è che nel testo è stata inserita una clausola che permette all'accordo di essere automaticamente incluso all’interno della Convenzione Onu sul clima che gli Stati Uniti hanno già firmato, così da permettere ad Obama di non rischiare la bocciatura da parte del Congresso. Il secondo punto positivo è che i paesi industrializzati hanno accettato di far partire la trattativa sui finanziamenti per il trasferimento delle tecnologie pulite dalla base di 100 miliardi di dollari annuali. Infine si è raggiunta una base di accordo sulla trasparenza" dei controlli sugli impegni assunti. Ma per i negoziatori ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere su cui non sarà facile trovare “la quadra”. In particolare, come ha spiegato lo stesso Fabius la differenziazione, i finanziamenti per far funzionare il processo ed il livello di ambizione dell’accordo, cioè se l’obiettivo dei governi dovrà essere quello di bloccare l’aumento medio della temperatura entro 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale o piuttosto vicino a 2 gradi. La bozza non affronta la questione di eventuali responsabilità dei paesi ricchi, che sono grandi inquinatori, nei confronti dei paesi poveri per danni futuri causati dai cambiamenti climatici. Su questo punto si è alzata forte la voce dei paesi in via di sviluppo che hanno ribadito la loro volontà di non essere messi sullo stesso piano di quelli del Nord, loro sì responsabili storici del riscaldamento globale e con più mezzi a disposizione, finanziari e tecnologici, per farvi fronte. Non si è inoltre raggiunta un’intesa sul timing dei tagli di emissione necessari a raggiungere l’obiettivo di stabilizzazione dell'atmosfera e sui meccanismi di revisione dei target. Sono tutti punti questi che se si trovano irrigidimenti possono far fallire la trattativa, ma i francesi faranno di tutto per raggiungere quello che già si chiama “l’accordo di Parigi”.