Mentre l’economia in Italia prova a ripartire, emerge il ruolo, sempre più significativo, del recupero delle materie prime seconde. Il rapporto “L’Italia del riciclo”, presentato in questi giorni dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile insieme a Confindustria-Fise Unire, fa il punto sui flussi di import ed export di rifiuti in Italia, sottolineando la loro importanza per l’industria del nostro Paese.
Nel 2014, in Italia sono arrivate dall’estero quasi 6 milioni di tonnellate di rifiuti, mentre ne abbiamo spedite oltre confine quasi 4 milioni. “Entrambi i flussi sono in crescita rispetto agli anni precedenti”, spiega lo studio. “I flussi in entrata dall’estero sono costituiti soprattutto da metalli: la dinamica dell’import va letta quindi come la crescita consistente, in un periodo di crisi economica, di materie prime derivate dai rifiuti come fonte di approvvigionamento dell’industria italiana”. E infatti, il 96% degli scarti in arrivo dall’estero è diretto in Nord Italia, a imprese che recuperano dai rifiuti materiali da re-immettere nel ciclo produttivo. Sono soprattutto metalli (77%) e legno (11%). Per i metalli di tipo ferroso, “l’import è diretto soprattutto al Nord-Est (61% del totale importato) e Nord-Ovest (39%), dove è localizzata la maggior parte dei siti di produzione siderurgica del Paese; per i metalli non ferrosi, invece, il flusso in entrata dall’estero avviene fondamentalmente in direzione Nord-Ovest (81% del totale importato), macro-area notoriamente caratterizzata da una forte concentrazione dell’industria metalmeccanica”.
Se si vanno invece a guardare i flussi dei rifiuti in uscita, si trovano dinamiche molto diverse. Al contrario dell’import, che interessa il centro e sud Italia solo nel 4% dei casi, il 37% dei rifiuti in uscita arrivano dalle regioni centrali e meridionali. Gli scarti spediti all’estero, inoltre, derivano “in prevalenza da gestione (68% del totale esportato) e, più nel dettaglio, da attività di trattamento intermedio dei rifiuti. L’export dall’Italia è quindi attribuibile, per la maggior parte, a pochi operatori specializzati del settore della gestione che, a loro volta, raccolgono i rifiuti da un bacino nazionale molto più ampio”. Sono soprattutto ceneri di carbone (quasi 680 mila tonnellate), rifiuti da desolforazione di fumi (225 mila tonnellate) e rifiuti pericolosi stabilizzati (circa 200 mila tonnellate).
Lo studio prova a anche a fare un bilancio tra import e export, misurando il potenziale di riduzione della dipendenza dall’estero, che in alcuni casi risulta alto. Le categorie di rifiuti per i quali si osserva un interscambio sono circa 450 mila tonnellate, l’8% del totale. “La quantità più alta di interscambio si rileva per i metalli non ferrosi da trattamento meccanico (TM) di rifiuti che si attesta, nel 2014, a oltre 90.000 ttonnellate; se tale quantità in uscita venisse intercettata a favore degli impianti italiani che ricevono quella stessa categoria di rifiuto dall’estero, potrebbe sostituire quasi il 70% dell’import. Seguono gli imballaggi in plastica che, con una quantità di interscambio di circa 60.000 tonnellate, potrebbero abbattere quasi completamente l’import. Per la carta e i componenti da apparecchiature elettriche ed elettroniche la quantità esportata è notevolmente superiore a quella in entrata per cui potrebbe coprire, fino ad azzerare, il flusso di importazione”.