È possibile produrre la maggior parte dell'energia elettrica di un Paese quasi esclusivamente da fonti rinnovabili? Per il Costa Rica sì, come dimostrato da quel 99 per cento raggiunto proprio quest'anno. La parte idroelettrica è chiaramente la più importante, tanto da raggiungere un 72 per cento del totale, seguito dal geotermico, dal vento e dal sole. Una politica di lungo termine quella del piccolo Paese centroamericano, tanto che punta ad essere il primo del continente a diventare carbon neutral entro il 2021.
Ma non è certo l'unico esempio. L'ultimo in ordine cronologico è l'ambizioso traguardo raggiunto da un altro piccolo Paese: l'Uruguay. La nazione sudamericana ha raggiunto proprio nell'anno in corso il 95 per cento di produzione di energia elettrica da rinnovabili, in questo caso eolico e idroelettrico in testa. Il Paese infatti riesce a modulare le due fonti, in base alle necessità: nel 2014, anno ricco in umidità, la produzione si aggirava intorno al 74 per cento. Quest'anno, anno più secco, sono state le turbine a sopperire la richiesta. Un cammino durato dieci anni e voluto fortemente dal predecessore di Pepe Mujica, Tabaré Vázquez, oggi al suo secondo mandato. Non solo: l'Uruguay è arrivata a Parigi con l'obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica del'88 per cento rispetto ai livelli medi degli anni 2009-2013.
Anche il Paraguay, dopo la collaborazione con il vicino Brasile per la costruzione della diga più grande al mondo, realizzata dalla brasiliana Itaipu Binacional, riceve oggi il 75 per cento dell'energia elettrica richiesta dal Paese. In questo caso, oltre a un'opera di ingegneria unica condivisa, l'infrastruttura ha aiutato a risolvere una storica disputa sui confini tra Paraguay e Brasile legando ancora di più le due nazioni sudamericane. 2O unità collegate con una potenza installata di 14 mila megawatt.
Segno che politiche energetiche ferme e lungimiranti possono contribuire a quella transizione energetica quantomai necessaria in questo secolo.