Chi non è ghiotto di pesce? A chi non viene l’acquolina in bocca pensando a una bella frittura mista o a una spigola al forno? Guardando i manicaretti che si adagiano sui nostri piatti potremmo pensare che siano frutto del duro lavoro dei pescatori su grandi o piccoli pescherecci. Potremmo sbagliarci. Quel che forse pochi sanno è infatti che la metà delle richieste ittiche dell’umanità è soddisfatta grazie all’acquacoltura e la domanda sempre crescente di specie ittiche registrata anno dopo anno permette di pronosticare che questo settore diventerà una tra le attività economiche con maggiore crescita a livello globale. Secondo un rapporto del World Resources Institute, per rispondere alle richieste dei 9 miliardi di persone stimati al 2050, le “colture in acqua” raddoppieranno le produzioni attuali.
L’allevamento di specie acquatiche può però essere un’attività dannosa per l’ecosistema se non venisse adeguatamente regolato l’uso di pesticidi e di antibiotici e qualora non venissero prese le misure necessarie ad evitare la diffusione incontrollata delle specie alloctone che rischierebbe di compromettere l’equilibrio biologico di mari ed oceani.
Invece, se correttamente regolata, può essere una pratica molto più sostenibile dello sfruttamento delle riserve naturali di mari ed oceani.
In Europa - i cui cittadini sono grandi produttori e al contempo consumatori ittici - l’adozione di una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea risale al 2002.
Dall’altra parte dell’oceano atlantico, gli statunitensi, grandi amanti dei prodotti ittici, importano una gran parte di ciò che, dall’acqua, finisce nei loro piatti. Per l’esattezza il 90% infatti del pesce consumato negli USA proviene dai mercati esteri e più della metà di tali prodotti sono cresciuti in allevamenti di cui non si conosce la sostenibilità ambientale.
Per contenere questo fenomeno e aumentare una produzione interna sostenibile il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) ha stilato un regolamento per l’acquacoltura nelle acque federali, in particolar modo normando la coltura nelle acque del Golfo del Messico, secondo criteri ecosostenibili.
"Poiché la domanda di frutti di mare continua a salire, l'acquacoltura rappresenta una straordinaria opportunità non solo per rispondere a questa domanda, ma anche per aumentare le opportunità per l'industria ittica e creare posti di lavoro", ha sottolineato Kathryn Sullivan, amministratore della NOAA. L'espansione dell’acquacoltura made in USA - ha quindi specificato - sarà fondamentale complemento della pesca, permettendo così di andare verso la direzione di una pesca sostenibile e che di salvaguardia degli oceani.
Il sistema messo a punto per il Golfo del Messico, secondo Michael Rubino, direttore dell’Ufficio Pesca in Acquacoltura del NOAA, potrà permettere di allevare pesci in maniera ecocompatibile ed economicamente sostenibile e potrà essere uno schema da replicare anche in altre aree.