L’Organizzazione mondiale della sanità l’ha classificato come un’emergenza internazionale di salute pubblica. Il virus Zika, che solo nel continente americano potrebbe contagiare fino a 3-4 milioni di persone, ha radici anche ambientali.
Isolato per la prima volta nel 1947 in Uganda, per anni il virus si è presentato solo con casi sporadici in Africa e Asia meridionale, fino alla prima epidemia documentata nell’area del Pacifico, nel 2007. Zika si trasmette principalmente attraverso la puntura delle zanzare del genere Aedes, vettori anche di altre malattie come dengue, febbre gialla e chikungunya. Un tipo di insetto presente nelle aree tropicali e sub tropicali, dove vive più della metà della popolazione del Pianeta e dove negli ultimi decenni lo sviluppo economico ha portato benessere economico, ma anche degrado ambientale.
“Gli esperti descrivono l’Aedes aegypti come ‘opportunista’, per la sua significativa abilità di adattarsi agli ambienti in evoluzione, specialmente a quelli creati dai cambiamenti del modo in cui l’umanità abita il pianeta”, spiegano dall’Oms. In due parole: urbanizzazione incontrollata. Queste zanzare, infatti, “che per lungo tempo hanno deposto le uova nei buchi degli alberi o sulle foglie delle piante nella foresta, si sono adattate a riprodursi nelle aree urbane, proliferando in zone povere e affollate senza acqua corrente e raccolta dei rifiuti”. Larve delle Aedes sono state trovate in tazze e bottiglie di plastica buttate nell’immondizia, oppure in pneumatici usati, sottovasi, ciotole dell’acqua per animali e persino nelle cassette dei water.
Non solo: queste zanzare hanno anche un’alta capacità di resistenza alle diverse situazioni meteorologiche estreme che i cambiamenti climatici stanno rendendo sempre più frequenti. “Le uova deposte possono sopravvivere per periodi molto lunghi in condizioni secche, spesso per più di un anno. Una volta sommerse dall’acqua, si schiudono immediatamente. Se le temperature sono fredde, le zanzare possono rimanere nella fase larvale per mesi, fino a che l’acqua a disposizione è sufficiente. Le uova sono appiccicose, praticamente si attaccano all’interno dei contenitori”.
Con queste caratteristiche, lancia l’allarme l’Oms, “considerando l’espansione degli ambienti dove le zanzare possono vivere e riprodursi, facilitata dall’urbanizzazione e dalla globalizzazione, c’è la possibilità che si verifichino a livello globale grosse epidemie urbane di Zika”.
Intanto, di fronte a queste prospettiva e in attesa che venga messo a punto un vaccino, l’Oms consiglia di unire alle semplici pratiche di prevenzione e all’uso di insetticidi anche strumenti di lotta biologica. Una delle soluzioni è la “liberazione di massa di insetti maschi sterilizzati attraverso ridotte dosi di radiazioni”, già utilizzata in passato per il controllo di parassiti in agricoltura dalla Fao e dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Accoppiandosi, fanno sì che le femmine depongano uova destinate a non sopravvivere, con il conseguente crollo della popolazione. E se in El Salvador con il supporto della comunità dei pescatori si stanno inserendo nei contenitori per l’acqua dei pesci che mangiano le larve, un'altra via promettente per il contrasto di Zika passa attraverso la diffusione del batterio Wolbachia attraverso le zanzare maschio. Non pericoloso per gli umani e gli altri animali, fa sì che le uova deposte dalle femmine non si schiudano. “Zanzare portatrici del batterio Wolbachia sono state liberate in diversi luoghi, inclusi Australia, Brasile, Indonesia e Vientam nell’ambito delle strategie di controllo del dengue”, dicono dall’Oms, spiegando che inizieranno presto nuove sperimentazioni sul campo.