La strada da percorrere è ancora lunga, ma i numeri sono sempre più incoraggianti. Prosegue la marcia delle rinnovabili: secondo il rapporto “Global Trends in Renewable Energy Investment 2016”, pubblicato dal Programma Onu per l’ambiente (Unep) in collaborazione con la Frankfurt School di finanza e management, nel 2015 hanno attirato a livello globale più del doppio degli investimenti ancora indirizzati alle fonti fossili – 266 miliardi di dollari contro 130 – facendo risparmiare 1,5 gigatonnellate di emissioni di CO2. Risorse che diventano addirittura 286 miliardi se si considerano anche i finanziamenti alle tecnologie in fase iniziale e in ricerca e sviluppo, il 3% in più rispetto al 2011 e addirittura sei volte di più in confronto al 2004.
La somma gli investimenti andati dal 2004 al 2015 a tutte le rinnovabili, esclusi i grandi progetti idroelettrici, fa 2,3 trilioni di dollari, una cifra monstre che tra l’altro non tiene conto dell’inflazione. Soldi che vanno in percentuale sempre crescente ai Paesi in via di sviluppo. Nel 2015 si è addirittura osservato per la prima volta il sorpasso rispetto ai Paesi del Nord del mondo: 156 miliardi di dollari contro 130. Se nelle economie emergenti i finanziamenti alle energie rinnovabili sono aumentati l’anno scorso del 19% rispetto al 2014 e di ben 17 volte rispetto al 2004, nelle nazioni sviluppate si è assistito a una riduzione dell’8%. India, Sud Africa, Messico, Cile, Marocco, Turchia, Uruguay, con la Cina in testa, sono i Paesi che più hanno beneficiato delle iniezioni di capitale a favore delle energie verdi. Uno spostamento che, spiegano gli autori del report, “può essere attribuito a diversi fattori: la corsa all’eolico e al solare della Cina, la domanda elettrica in rapido aumento nei Paesi emergenti, il costo di scegliere le rinnovabili per rispondere a questa domanda diminuito, una crescita economia fiacca nel mondo sviluppato e tagli ai sussidi in Europa”. Ed è proprio il vecchio continente a soffrire maggiormente. Qui “gli investimenti sono diminuiti del 21%, da 62 miliardi di dollari nel 2014 a 48,8 miliardi nel 2015, il dato più basso negli ultimi nove anni, nonostante gli investimenti record nei progetti di eolico offshore”. Investimenti invece aumentati negli Stati Uniti del 19%, arrivando comunque a una cifra minore di quella europea (44,1 miliardi), mentre in Giappone sono rimasti stabili a 36,2 miliardi.
Il 2015 è stato anche il primo anno in cui la capacità aggiuntiva degli impianti a energie rinnovabili ha superato quella nuova installata con tecnologie alimentate a fonti fossili, toccando il 54% della capacità totale. In tutto sono 134 gigawattora (a cui si aggiungono altri 22 GW dei grossi impianti idroelettrici), contro i 106 del 2014 e gli 87 del 2013. Dominano il mercato fotovoltaico ed eolico, che insieme valgono nel 2015 118 GW di nuova capacità installata, ben sopra i 94 GW del 2014. Dati che mostrano, spiegano dall’Unep, che “un cambiamento strutturale è in corso”. Le rinnovabili, escluso l’idroelettrico di grosse dimensioni, “rappresentano ancora una piccola minoranza della capacità installata a livello globale (circa un sesto, il 16,2%), ma questo dato continua a crescere (+15,2% nel 2014). Allo stesso tempo, l’elettricità prodotta da queste fonti rinnovabili è stata il 10,3% nel 2015 (il 9,1% in più rispetto al 2014)”.
Gli autori dello studio invitano allo stesso tempo alla prudenza, spiegando che questi elementi positivi vanno contestualizzati in un quadro più ampio, in cui il crollo dei prezzi dei combustibili fossili gioca un ruolo significativo: “Nonostante i segnali ambiziosi giunti dalla Cop21 di Parigi e la crescente capacità installata da fonti rinnovabili, c’è ancora molta strada da fare. Le centrali a carbone e altri impianti convenzionali hanno una vita lunga. Senza ulteriori politiche, le emissioni climalteranti di Co2 aumenteranno per almeno un altro decennio”, spiega il presidente della Frankfurt School Udo Steffens.