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Sacchetti in plastica usa e getta: aumentano i divieti in tutto il mondo
Mentre l’Ue chiude la procedura di infrazione contro l’Italia, che li aveva messi al bando nel 2011, si moltiplicano le iniziative per ridurre la diffusione degli shopper monouso: da New York al Canada fino alla Francia, ma anche Africa e Asia ci provano
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13/05/2016

Mentre la Commissione europea decide di chiudere senza sanzioni la procedura d’infrazione contro l’Italia per la messa al bando delle buste in plastica non biodegradabile e compostabile, si ingrossa il fronte di chi, anche altrove, tenta di combatterne la diffusione. Le ultime notizie arrivano dal Nord America, dove già si registra il divieto alle buste di plastica imposto dalle Hawaii a luglio 2015 e il tentativo della California, che dovrà però ricevere il via libera dai cittadini il prossimo novembre attraverso il voto popolare. Intanto, in tutta l’area metropolitana della Grande Mela dovrebbe venire introdotta una tassa di 5 centesimi di dollaro su tutte le buste in plastica e carta. Il provvedimento dovrebbe entrare in vigore a breve e ha già l’appoggio della speaker del Consiglio comunale Melissa Mark-Viverito oltre che dello stesso sindaco Bill De Blasio. E se le proteste non mancano – soprattutto di chi considera l’abolizione delle buste gratuite al pari dell’istituzione di una tassa iniqua – i numeri di New York sono enormi: 9 miliardi di buste utilizzate ogni anno nell’area metropolitana e 12,5 milioni di dollari spesi ogni 12 mesi per ripulire dalle buste di plastica strade, piazze e rami degli alberi.

In Canada Wal-Mart ha deciso di far pagare ai propri clienti 5 centesimi per ogni busta di plastica, vendendo in alternativa buste riutilizzabili a 25 centesimi. L’iniziativa del colosso della grande distribuzione è partita a febbraio scorso dallo stato della British Columbia: in tre mesi si è osservata una diminuzione del 76% delle buste usa e getta utilizzate dai consumatori. Di fronte a questi risultati, adesso lo stesso sistema sarà esteso anche ai punti vendita degli stati di Alberta, Saskatchewan, Manitoba, Ontario e Quebec, arrivando così a coprire il 93% della popolazione del Paese.

E notizie positive sul contrasto alla diffusione dei sacchetti di plastica arrivano anche dall’Africa, dove la dispersione nell’ambiente degli shopper monouso è molto alta. Dalla Mauritania al Cameroon, fino all’Etiopia, sono diversi i Paesi che hanno messo al bando le buste, anche se l’aspetto più critico rimane quello del controllo. A luglio 2016 il divieto dovrebbe entrare in vigore anche in Marocco, mentre in Tunisia un piano simile, anche se più graduale, sta incontrando le resistenze dell’industria chimica.

Anche in Asia si registrano tentativi di messa al bando, legati soprattutto a singole città o regioni, da Malacca, in Malesia, ad alcune aree dell’India. Spesso però una legge non basta a far scomparire le buste monouso dal mercato, come dimostra anche il caso dell’Italia, dove tuttora molti commercianti distribuiscono ai clienti buste non conformi alla legge. Il caso del Bangladesh è emblematico: all’avanguardia nel vietare le buste di plastica, nel lontano 2001, si trova oggi in difficoltà a far rispettare lo stop. In Australia la situazione varia molto in base alle zone: l’iniziativa più importante è stata presa nel 2011 nel Nord del Paese con la messa al bando totale delle buste in plastica non biodegradabile e compostabile.

In Europa, dopo gli interventi per ridurre la diffusione degli shopper usa e getta in Irlanda, Andalusia, Macedonia, Belgio e diverse città della Gran Bretagna, oltre al bando italiano in vigore dal 2011, presto dovrebbe arrivare anche lo stop della Francia. Da luglio 2016 saranno vietate la vendita e la distribuzione gratuita di shopper monouso in plastica e da gennaio 2017 il divieto si estenderà anche alle buste per frutta e verdura.

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