L’Italia è fra i cinque paesi europei con la più alta percentuale di tasse ambientali rispetto al PIL (3,6%), preceduta solo da Danimarca (4,1%), Slovenia e Croazia (3,9%), e Grecia (3,7%). Nell’Europa a 28 la media della fiscalità ambientale è stata nel 2014 del 2,5%, contro il 2,3% del 2008 e le entrate fiscali green della Ue sono aumentate del 9,5% in termini reali tra il 2002 e il 2014 con un aumento annuo stimato dello 0,8%. La panoramica dell’eco-fiscalità in Europa (tasse, imposte, contributi fiscali, permessi di emissione ecc) è contenuta nel nuovo Rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente dal titolo Environmental taxation and EU environmental policiesche sottolinea come le tasse ambientale siano meno distorsive rispetto a quelle sul lavoro e sulle imprese e nello stesso tempo siano più difficili da evadere ed abbiano costi amministrativi più bassi. L’energia, il carbonio e i trasporti sono i tre settori dove vengono più comunemente utilizzate le ecotasse e da cui proviene il maggior gettito fiscale.
Minori entrate derivano dalle tasse sul prelievo di risorse e sull’inquinamento, anche queste presenti in quasi tutti i Paesi dell’Ue, ma questo tipo di prelievo fiscale ha un potenziale molto alto nell’indirizzare i comportamenti nella direzione di un’economia circolare. Pochi sono invece gli stati che hanno messo tasse sui pesticidi, tra questi c’è l’Italia insieme al Belgio, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Il Rapporto dell’AEA rileva anche il ruolo svolto dalle tasse ambientali nel riuscire a disaccoppiare l’utilizzo delle risorse e l’inquinamento dalla crescita economica. Come esempio porta il caso Svezia, dove il PIL è cresciuto del 58% tra il 1990 e il 2013 dopo l’introduzione di una tassa sulla CO2 che, nello stesso periodo, ha permesso una riduzione del 23% delle emissioni di gas serra. Le ecotasse, inoltre, secondo il Rapporto, contribuiscono a migliorare la qualità della vita, salvaguardano la salute dei cittadini, possono stimolare tecnologie e innovazioni che generano ricchezza e posti di lavoro eco-friendly, permettendo così all’Europa di muoversi verso l’obiettivo di un basso tenore di carbonio e di un uso efficiente delle risorse. Il Rapporto cerca anche di delineare gli scenari fiscali del futuro quando un miglioramento delle condizioni ambientali accanto a cambiamenti demografici porrà sfide sistemiche per i responsabili politici. Le nuove tecnologie a basse emissioni e basso tenore di carbonio nei settori industriali e dei trasporti potrà infatti, causare un’erosione dell’imponibile dei paesi dell’Ue, come, ad esempio, è già avvenuto in Olanda dove il regime fiscale per le immatricolazioni delle auto ha spinto ad acquistare veicoli a basse emissioni di carbonio con una conseguente riduzione delle entrate per il fisco. Allo stesso tempo, aumenta in Europa la popolazione degli over 65, mentre la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) diminuisce nella maggior parte dei paesi, conducendo ad una potenziale riduzione dei ricavi delle imposte sul lavoro. Il Rapporto, nelle sue conclusioni, raccomanda quindi di considerare tutti questi elementi e le sfide poste dalla competitività economica nel momento in cui si disegnino nuovi scenari fiscali resilienti e indirizzati verso la green economy che spostano la pressione fiscale dal lavoro all’ambiente.